Cassiodoro alla Regione?


S. E. Bertolone, in un illuminato intervento, auspica che la Regione Calabria assuma come suo simbolo e in certo senso patrono il grande Cassiodoro, e lo fa con un’approfondita analisi della sua funzione di uomo di Fede, teologo e creatore di istituzioni monastiche e di alto livello culturale. Cassiodoro appare all’Arcivescovo quella figura positiva di cui la nostra terra ha bisogno per darsi e dare agli altri una buona immagine di sé. Mi voglio aggiungere, come posso, a questo appello.
Ma poiché la Regione è un ente politico, e non è sempre vero che la politica sia una cosa poco nobile, voglio qui, in sintesi, riassumere il pensiero e l’azione di Cassiodoro nella prima parte della sua vita, quella pubblica e di governante dell’Italia ostrogota.

Flavio Magno Aurelio Cassiodoro Senatore era di Scolacium come i suoi avi da molte generazioni. La città, da lui detta “prima urbs Bruttiorum” era grande e ricca, e gli Aureli possedevano belle proprietà: attenzione, non erano di quei pigri latifondisti che, secondo Plinio, “Italiam perdidere”; anzi, attivi imprenditori e aperti alle innovazioni anche tecnologiche: l’aggettivo “modernus”, inteso come provvidenziale e positivo, è un conio cassiodoreo. Allevavano pesci da conservare, un alimento importante per l’esportazione.
Gli Aureli erano quelli che nell’Europa moderna si chiameranno “grands commis d’État”: grandi funzionari al servizio dello Stato, e non dei mutevoli governi. Dal 476 non c’era più un imperatore a Ravenna, e, secondo le istituzioni di Teodosio, l’Occidente era passato nominalmente sotto l’Oriente; di fatto era diviso in Regni romano-barbarici, e l’Italia in mano agli Eruli; subito dopo, a Teodorico re degli Ostrogoti.

Nel mito germanico, Teodorico “von Bern”, di Verona, è l’unico degli eroi sfuggito alla strage voluta da Crimilde e compiuta da Attila a Tulna; nelle leggende medioevali, un malvagio oppressore. La realtà storica è più complessa, e, in grandissima sintesi perché occorrerebbe un saggio, mirò a creare uno Stato “italiano” in senso lato, esteso alle Alpi e Illiria; e che, compatto e meno vasto dell’Impero, occupasse però il primo posto tra i Regni “barbari”, anche agli occhi dell’imperatore d’Oriente. Perciò stringe alleanze e matrimoni con i re dei Burgundi e altri minori, e con i potenti Vandali dell’Africa; e assume la tutela del nipote re dei Visigoti di Spagna. Deve tenere a bada l’Oriente, e il suo nemico è Clodoveo re dei Franchi. In tutte queste operazioni gli è a fianco Cassiodoro, e ne abbiamo chiare e inequivocabili testimonianze nelle “Variae”.
L’azione politica di Teodorico e Cassiodoro culmina con la grande vittoria di Arles del 507, quando Eutarico, genero ed erede del re, batte Clodoveo con l’esercito ostrogoto e riconquista la Provenza. Libera la Provenza, annunzia Cassiodoro, poiché la sola libertà possibile è quella che si ha sotto le leggi romane! E già basterebbe questo modello, alla nostra Calabria. Leggi romane e forza ostrogota: questo il progetto politico di Cassiodoro.
In questi voli di alta politica, non si trascura l’amministrazione di ogni parte dello Stato; ed ecco le severe reprimende al senato di Roma perché metta mano alla manutenzione degli antichi edifici; o vieti ai privati di impossessarsi dell’acqua pubblica.

Non tutto è luce. Teodorico e i Goti sono cristiani ariani, e ciò li pone in contrasto con i cattolici; i latifondisti, temendo novità, si rivolgono a Costantinopoli; l’uccisione di Boezio suscita sdegno; e intanto Eutarico premuore al re. Cassiodoro governerà sotto i primi successori, assumento la somma carica di prefetto del Pretorio; difende l’Italia da Giustiniano; ma la Guerra gotica (535-53), l’unica vera invasione barbarica della Penisola, diviene un’esplosione di ferocia da parte degli imperiali, di fatto mercenari alani e unni, e gli stessi Goti inselvatichiti. A Cassiodoro resta di conservare quanto può della latinità.
A lui dobbiamo, e sarebbe il caso di approfondire il concetto, una parte importante della formazione del latino medioevale, già iniziata con sant’Agostino, e che sarà modello per tutti i futuri secoli fino all’umanesimo.
Ci sono dunque anche motivi di laicità cristiana, accanto a quelli delineati da mons. Bertolone, per fare di Cassiodoro il simbolo di una Calabria di santità, legalità (con le “leggi romane”, s’intende), alacrità, apertura mentale, cultura e buona politica.
Si può fare della buona politica senza corruzione, ma anche senza sterili e parolaie utopie, governando il reale verso il bene possibile. Questo fu l’insegnamento politico di Cassiodoro.

Ulderico Nisticò


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