Cinghiali e alberi


CINGHIALE Vi ricordate la lezioncina sugli alberi del Lungomare di Soverato? Essi furono piantati da esseri umani, e prima di tale operazione non ce n’erano. Abbiate la bontà di consultare qualche vecchia foto. Un corollario: proprio perché piantati da uomini, dagli uomini andrebbero controllati, e, a tempo e luogo e se opportuno, tagliati.

 Lo stesso per i cinghiali. Vi risparmio lo sfoggio di cultura sul cinghiale Calidonio e sul XIX dell’Odissea, quando Ulisse – che non è mai sbarcato in Calabria, però è affascinante anche nelle sue avventure in Epiro – si beccò una ferita alla gamba, guarita dagli zii con bende e incantesimi; ma con scarsa capacità di chirurgia estetica, giacché la riconobbe Euriclea.

 Prima del XVIII secolo, e in alcune aree anche oltre, l’Europa mostrava ampi spazi ancora selvatici, con vegetazione e animali. La Calabria, che è densamente popolata e coltivata da almeno quattro millenni, e la cui “natura incontaminata” esiste solo nelle bufale dei poeti sedentari e nelle pubblicazioni turistiche, di zone di pura naturalità ne ha sempre mostrate pochissime; e, per farla breve, il lupo era quasi estinto, e il cinghiale estinto del tutto.

 Avvenne poi un meritevole ripopolamento di diverse specie, incluse quelle incongrue ed esotiche tipo mufloni. E arrivarono da non so dove i cinghiali, dapprima chiusi in recinti nella pia illusione che si contentassero. Invece no, perché il cinghiale è una bestia selvatica, possente, intelligente, aggressiva e terribilmente prolifica. Trovato un facilissimo buco nei recinti, tanti saluti al carcere dorato, e viva la libertà. Ah, dimenticavo che è anche molto vorace.

 Tutti sanno che oggi alcune aree calabresi sono zeppe di cinghiali, che non esitano ad avvicinarsi anche alle abitazioni e di campagna e di città, e con pericolo per le coltivazioni, per gli animali domestici e per le persone.

 Tutto ciò è come gli alberi della Pineta di Soverato: nulla a che vedere con la natura, anzi effetto di controllo umano scarso o nullo. Bisogna provvedere.

 La Regione, mostrando anche in questo caso l’ottusità dei suoi passacarte, tratta la questione dei cinghiali come fosse quella dei ghiri di Bivongi o delle superstiti aquile; mentre il problema è stato creato da interventi umani, sia pure maldestri, e va risolto con interventi umani, questa volta più accorti.

 Attenzione, non sto proponendo la guerra libera e autogestita; e ciò non per i begli occhi della bestia, ma perché la caccia al cinghiale è una delle operazioni più difficili, e anche rischiose, dell’attività venatoria; e va dunque affidata a chi è pratico, più esattamente a squadre organizzate e disciplinate.

 Un problema serio che va affrontato in modo serio, possibilmente senza intervento di chiassose e infondate ideologie.

Ulderio Nisticò


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