Crocifissi si, crocifissi no


La sortita del Ministro dell’istruzione Bussetti, a margine di un’iniziativa promossa dalla Lega Giovani a Milano, ha avuto un’eco a mio avviso eccessiva in un paese dove certe domande non si dovrebbero nemmeno fare. Lui ha solo sottolineato un aspetto che è marcato a fuoco nella nostra cultura e il solo fatto di doverlo ribadire come se ci fosse il minimo dubbio che possa essere diverso da come da secoli è, suscita i me grandi perplessità su cosa siamo diventati. “E’ un segno che secondo me è giusto che sia nelle aule scolastiche. Io credo che sia il simbolo del nostro cristianesimo e della nostra religione cattolica“, ha detto Bussetti. Ha prescindere, caro Ministro, che non deve “credere” che lo sia… lo è. Punto e basta. E tutto il resto dovrebbe essere scontato senza alcuna possibilità di doverlo precisare. Un dibattito del genere non dovrebbe esistere.

Come ovviamente nessuno di noi si sogna di vietare a chicchessia di inginocchiarsi verso la Mecca quando e dove lo ritiene opportuno (sempre che rispetti le leggi e le buone maniere) oppure di santificare il sabato perché quello è il giorno per altre confessioni. E questo personalmente non mi disturba. Ma se queste cose non vengono (giustamente) vietate, non vedo perché si debba parlare di vietare l’ostentazione della nostra cultura religiosa rappresentata dal crocifisso. E solo una grande ipocrisia buonista e vigliacca.

Già qualche giorno fa si è annullata una festa di Natale in una scuola di Terni perché, ricordare la nascita di Gesù, avrebbe offeso i bambini di altre fedi. Lo ritengo sbagliato, ma comunque nei poteri della Preside che, presumibilmente, se l’andassi a trovare a casa e le dicessi che ha arredato il soggiorno una porcheria, invece di mettermi alla porta, rifarebbe per intero la stanza secondo le mie direttive. A parte le battute, così come alcuni, per partito preso e non perché sanno veramente qualcosa della nostra storia, pretendono uno Stato laico, così altri più fondamentalisti spingono per una islamizzazione della nostra vita. E sinceramente è il modo più distruttivo di approcciarsi alla realtà dei fatti in cui viviamo. Non posso accodarmi a questo scempio e ostacolerò con tutte le mie forze chiunque voglia cambiare ciò che siamo adducendo finte motivazioni solo per vedere il proprio nome sui giornali. Se volete cancellare il Cristianesimo dalle nostre vite, allora un bambino ebreo o mussulmano, induista o protestante, buddista o mazdeista, camminando per le strade del paese che lo ospita, non dovrebbe imbattesi in Chiese che ostentano il Crocifisso sulle sommità dei campanili. Abbattiamo le Chiese, no?

Integrazione, signori e signore, non vuol dire annullarci per far star meglio delle minoranze. Integrazione significa riuscire a comprendersi nelle nostre diversità. E se chi viene in casa mia, non apprezza il mio modo di vivere, di rapportarmi al divino secondo la mia cultura, di nutrire la mia anima secondo i miei riti, può accomodarsi fuori, senza rancore. Se invece vuole raccontarmi di se attraverso la sua fede e ascoltarmi attraverso la mia fede, che sia il benvenuto. E mostrandogli quel crocifisso a cui lui non crede, gli insegnerò a non sentirsi offeso, ma a gustarne la storia che può veramente renderci fratelli. E lui, mostrandomi i suoi simboli, mi insegnerà ad essere migliore e tollerante.

Per cui, non tirate fuori più questa storia barbara e oscurantista. Abbiate, invece, cura della nostra identità e affiancate ai crocifissi le manifestazioni di fede delle altre culture. Così noi e loro impareremo le diversità e potremo completarci. Così noi e loro impareremo che la religione non è solo un Dio che fa il bello e il cattivo tempo, ma un modo di essere di un popolo che è vissuto ed è morto per una fede. Che, in un mondo senza più punti di riferimento, è l’unica cosa che ancora rimane.

Gianni Ianni Palarchio (Blog)


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