Crollo demografico


Un po’ di storia antica. Alla vigilia della Seconda guerra punica, il censimento contò 700.000 cittadini romani, s’intende maschi adulti, e in un’area ancora limitata agli attuali Lazio, parte della Campania, Valle del Tevere e poco altro; e altrettanti almeno erano i maschi adulti dei “socii”; e si aggiungano i non cittadini e gli schiavi. Il tutto va almeno triplicato con le donne e i bambini. Sono numeri altissimi, per l’epoca. Ma quando, due secoli dopo, Augusto tentò di formare le legioni con soli cittadini d’Italia, dovette costatare che non c’erano a sufficienza. Negli ultimi secoli dell’Impero, l’Italia e gran parte dell’Occidente apparivano poco o nulla popolati. Vero che Roma pare contasse oltre un milione di abitanti: ma, se leggiamo Marziale o Giovenale, non era proprio materiale umano da cui ricavare legioni! L’Impero d’Occidente cadde, e fecero ingresso popolazioni barbare non molto numerose, ma sane.

In questa estrema sintesi, appaiono due evidenze: ci sono epoche di crollo demografico; e in cui quelli che restano sono scarsamente vitali. Direbbe il Vico, sono gli effetti dell’età della ragione, in cui gli uomini, a forza di ragionare, non fanno più niente, si siedono e aspettano non si sa che. E già Spengler, ai primi del XX secolo, lamentava il “fiato di morte dell’Occidente”.
I dati italiani del 2017 sono desolanti, tanto che persino gli stranieri più o meno clandestini si sono adeguati, e fanno meno figli. I numeri, leggeteli sui giornali.

Ognuno però può effettuare delle facili statistiche a occhio,quante donne in età fertile abbiano figli. Aggiungo un’evidenza: sono tantissime le ragazze giovane e belle e sole: i “social” ne sono zeppi; il che parrebbe strano, in un mondo in cui non si parla che d’amore e di sesso, e giù film e canzoni e tavole rotonde ed edonismo da quattro soldi: generazione Bataclan. Se scendesse un marziano, tornerebbe nel suo rosso pianeta a raccontare di essere stato a Sodoma, Gomorra e Babilonia; e invece è palese il contrario: più il sesso è parlato e filmato e cantato, meno è fatto nel senso più rustico del termine. Se poi è fatto, non è certo a scopi riproduttivi.
Per dare uno sguardo al mondo, è ufficiale che in Giappone si conta un enorme numero di signorine illibate, letteralmente illibate, in un’età in cui un secolo fa si avvicinavano a diventare nonne, in Giappone come in Italia.

Questi sono i problemi. Le cause sono due: le ben note difficoltà economiche, e l’anafrodisia.
Le difficoltà sono quelle dell’urbanesimo. Una coppia, ammesso si sia formata, ammesso che i due lavorino e guadagnino, non saprebbe come gestire un bambino; e i servizi sociali – pubblici o privati – sono del tutto insufficienti; né ci sono nonni e parenti. Tutto ciò è noto.
Ma anche quelli che potrebbero, non mi pare che vogliano famiglie numerose: tantissime coppie si spingono fino a un figlio; due, è già un’eccezione. Sorvolo sugli aspetti negativi del figlio unico coccolato, viziato, e caricato di tutte le frustrazioni dei genitori.

L’anafrodisia è una vera malattia endemica, ed è una specie di anoressia. Attenti alle parole: la prima significa “non pulsione sessuale”; l’altra, peggio, “non inclinazione” verso niente, dal cibo all’amore allo sport ai rapporti umani in genere. I Latini chiamavano ciò “veternus”, lo stato d’animo dei vecchi, ma in età giovanile; Catullo si fa un’autodiagnosi di “torpor” psichico che diviene anche corporale.

Ecco, è proprio dal torpore che bisognerebbe scuotere i giovani, se vogliamo sperare di invertire la cupa tendenza. Che fare? Vietare, nei programmi scolastici, tutti i piagnistei che oggi ne costituiscono almeno il 75%: poeti suicidi spacciati per modello di vita. Vanno studiati, se mai, però chiarendo ai ragazzi che una cosa è una poesia, e tutt’altra è la vita. Rimettiamo l’Iliade: se non altro, Priamo fece 50 figli legittimi, più tanti altri sfusi! Vero che i Troiani persero la guerra, ma fu la sola volta che si misero a ragionare, e si beccarono il cavallo.

Infatti, la causa di tutto è che a qualcuno è venuto a mente il concetto che la vita sia la ricerca della felicità, pessima traduzione del francese bonheur, che vuol dire star bene, non certo essere felici. Alla ricerca della felicità, sono diventati tutti mollaccioni, e la trovano in un continuo “andiamo a bere qualcosa”; e manco dell’ottimo vino. Anche la Chiesa, farebbe meglio a non usare, dal pulpito, questa parola massonica, e lasciarla al luogo che le compete: il Paradiso dei meritevoli.
Invece finalità della vita è la vita, e con essa tutto, compreso, anzi soprattutto fare figli.

Ulderico Nisticò


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