Da Bruxelles niente dazi per la Tunisia, a rischio l’olio calabrese


Dal 2019 la Tunisia non pagherà più imposte per l’importazione di olio in Europa. È preoccupazione.

L’olio italiano è in pericolo. E la minaccia questa volta arriva dall’Africa o per meglio dire da Bruxelles dove l’Unione Europea è pronta a firmare con la Tunisia un trattato di libero scambio: a partire dal prossimo anno il Paese nordafricano non sborserà neanche un centesimo per importare in Europa il suo olio. E tanti saluti all’extravergine nazionale! Non che l’olio tunisino non sia arrivato sulle nostre tavole ugualmente transitando dalla Spagna e, perché a questo punto non rendergli le cose più semplici abolendo i dazi?

È altissima la preoccupazione tra i produttori di olio in particolar modo calabresi, dei quali si fa portavoce il Presidente di Confagricoltura Catanzaro Walter Placida che considera l’accordo tra Juncker e Chahed «l’ennesimo smacco al lavoro ed ai sacrifici delle imprese agricole del sud Italia, un duro colpo alle nostre economie e risorse». Continua: «Le ultime novità provenienti da Bruxelles sull’immissione di olio tunisino e nordafricano in genere senza il pagamento di dazi non potrà far altro, come negli anni passati, che paralizzare la vendita di fatto già lenta e sottoprezzo dei nostri oli. Ed a farne le spese, come al solito, saranno principalmente le regioni del sud, prima fra tutte la Calabria. No, non è un allarmismo di appartenenza, è solo il voler evidenziare il divario mai colmato dal punto di vista economico della nostra regione in confronto ad altre realtà del sud molto più evolute e dinamiche, come Puglia, Sicilia e Campania. Il nostro è un timore più che concreto e questo non vuole essere solo uno sfogo, ma la volontà di chiedere la necessità di mettere ordine alle cose; siamo in piena globalizzazione e dobbiamo saper stare al gioco, è vero, tuttavia il campo deve avere regole chiare per tutti e, più di ogni altra cosa devono essere tutelati i consumatori. In fin dei conti perché dovremmo continuare ad accettare che oli nordafricani possano, con artifici commerciali, arrivare sugli scaffali della GDO o ancor peggio sui tavoli dei ristoranti  con la dicitura “olio del bacino del Mediterraneo”, oppure “Olio dell’UE” o peggio ancora con l’indicazione “Olio Extravergine di oliva 100% italiano”? Purtroppo però è questo che, in un modo o nell’altro, continua a succedere ed è questo che i produttori italiani non possono più accettare. Sia come acquirenti che come fornitori pretendiamo il meglio. E noi abbiamo il meglio».

«Questa decisione – prosegue Placida – porterà un triplo danno alla nostra economia: primo, la Tunisia pratica concorrenza sleale in quanto produrre olio in quelle zone ha dei costi significativamente più bassi dei nostri, non conosciamo le condizioni igieniche ed i diritti dei lavoratori sono praticamente inesistenti. Secondo: l’utilizzo del marchio “UE” o “100%” italiano confonderà i consumatori sul vero “Made in Italy”. Terzo: l’immissione di così importanti quantità di olio porterà le nostre aziende a vendere ad un pezzo inferiore alla spesa, riducendo la competitività e ricadendo negativamente sull’occupazione e la crescita dei nostri territori. A questo punto faccio appello ai governatori di Calabria, Sicilia, Puglia, Campania e Basilicata: fatevi sentire e ad alta voce! Ed ai nostri rappresentanti in Parlamento chiedo che si facciano carico di questo sfracello, perché la politica non può ignorare questo ennesimo schiaffo all’agricoltura». Non è un ingiunzione al blocco delle importazioni di olio da parte della Tunisia, piuttosto una richiesta di regolamentazione seria che non penalizzi la produzione italiana. L’olio tunisino entri pure in Europa ma non sfuso, confezionato e con tanto di etichetta di origine e pannel test… così i consumatori sapranno cosa stanno comprando e a loro la scelta. O le regole valgono solo per i produttori italiani?


Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *