Da oggi abbiamo la ZES


 Da oggi, 5 aprile 2018, in Calabria corre una grande novità: la ZES, ovvero Zona Economica Speciale di Gioia Tauro. Oliverio, tra un rimpasto e l’altro e in campagna elettorale, promette 15.000 (quindicimila) posti di lavoro: formalocchiu! Giacomo Mancini nonno ne promise solo diecimila per il Centro siderurgico, che rimase solo nella sua fantasia.

 Il 31 luglio 1977 scadeva l’ultimo termine per presentare un progetto all’Europa, e scadeva invano. Il MSI-DN tenne una manifestazione di protesta e raduno, quorum pars magna fui, e a controllare qualche centinaio di persone arrivarono migliaia di carabinieri e poliziotti. Li mandò Cossiga, che appena pochi mesi dopo avrebbe dato prova del suo valore facendosi Moro ammazzare sotto il naso; ma quel giorno si rivelò davvero un macho. Altri tempi.

 Intanto, ne vedeva di interventi speciali, la Calabria: SIR, Saline, Isotta Fraschini, Lamborghini, palline da tennis, fabbriche di birra… tutta roba che non solo chiuse subito, ma nemmeno aprì. Eh, fosse io uno qualsiasi delle “autorità civili, militari e religiose” che ogni volta si ritrovano a inaugurare e benedire. Che farei? Presto detto: chiederei di inaugurare non i capannoni, ma i macchinari con operai; e se non ce sono, volterei le terga e tanti saluti. Sai le risate, in diretta tv!

 Ma torniamo alla ZES. Più esattamente, a una ZES, perchè ce ne sono tante altre in tutta Italia; ma ognuno pianga i guai suoi. La nostra è l’ennesimo tentativo di rianimare un porto che è evidentissima crisi; il quale non ha nemmeno una strada, una ferrovia che lo colleghi al resto della Calabria. E centinaia di persone in cassa integrazione finché dura, e una patacca per creare lavoro che non si creò.

 Che dovrebbe accadere, in una ZES? Che arrivino investitori privati con intenzione di impiantare attività economiche reali; e che la ZES ne faciliti il lavoro. Io invece sento puzza di mordi e fuggi, di contributi senza seguito, di apertura a Natale e chiusura a Santo Stefano. Ebbene, perché non si fa un bel contratto che obblighi i privati a lavorare almeno cinque anni, prima di dargli un centesimo, o un centimetro quadrato di terreno?

 Insomma, perché un intervento straordinario non si trasformi in una truffa, occorrono serrati controlli: di quelli seri, non istituire un ente superpagato e inutile.

 Ciò premesso, spero di esserci ancora, l’anno prossimo, per poter costatare, dopo un anno, gli effetti della ZES. Con tutto questo, dichiaro che il mio sogno è una Calabria ZEN, ovvero “zona economica normale”, con produzione e consumo e vendita, cioè economia sana e reale.

Ulderico Nisticò


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