Davoli, le stelle. Ebbene sì: la cultura è popolare


received_10208389786236924 Lo spettacolo “Le dee stelle”, di U. N., è stato rappresentato, la notte di San Lorenzo, a Davoli, sul Lungomare. Recitavano: Barbara Procopio (Daulia), Francesco Procopio (Orfeo), Francesco Floro Procopio (Posidone, regia e organizzazione), Nicola Corasaniti (Ovidio), Mariana Lancellotti (Caritea, e maestra di recitazione), Silvia Riso (Arianna), Arianna Samà (Giulia Maggiore), Pino Vitaliano (Bacco), Roberta Voci (Andromeda). Si esibiva, bene integrato nell’azione scenica, il corpo di ballo Ama Danzando; il Centro estetico Meraviglia. Numerosa e fattiva la collaborazione logistica della comunità di Davoli, in testa l’Amministrazione comunale. Tantissime cose sono state adoperate per il successo del lavoro, tranne i soldi.

 Cos’è il teatro? È il falso che è più vero del vero.

 Era una serata speciale, con decine di eventi in contemporanea: ma erano occupate tutte le oltre 500 sedie, e dobbiamo aggiungere centinaia di rimasti in piedi. Ora, la riflessione: come si fa a tenere attenti e plaudenti circa 800 spettatori in una sera d’estate e con infinite altre attrazioni? Come si fa, con un testo classico, in alto stile italiano retrovertibile in greco e latino, con gli dei e le ninfe e i poeti mitici e storici; e con le corde del tragico, dell’epico e di un sottile umorismo, tutto assieme? Si fa, si fa: e certamente gli 800 non erano tutti dei filologi classici; anzi si notava, come sempre, grande presenza di popolo e l’assenza degli intellettuali!

 Come si fa, senza ricorrere a un dialettaccio guasto, senza parolacce, senza spogliarelli, senza finta satira, e, orrore!, senza nemmeno una fiaccolata antimafia segue cena?  Si fa, e chiedetelo alla gente che c’era.

 Già, ragazzi: non è vero che la gente, e tra loro i turisti, siano rimasti a quando li mostrava in tutto il suo squallore nei Vitelloni il Fellini; non è vero che le persone vogliono solo quelli che abbiamo chiamato ieri “gli stucchevoli svaghi” tipo Mi sono innamorato di Marina… Non è vero, e ne ho avute tantissime prove con i miei spettacoli degli anni passati, e ieri sera ancora una volta.

 Ricordiamoci, ogni tanto, di Aristotele: “Tutti gli esseri umani sono portati per natura a conoscere”, e non solo a fare jè jè per patetico giovanilismo fuori età. E aggiungiamo che cultura non è quella cosa che si pensa ufficialmente in Calabria: buonismo e piagnisteo, quasi sempre finalizzato al napoletano “Chiagn’e fotte”; scusate il francesismo; ovvero, in soveratese, “Pijji pisci e jestimi”. Non è vero che l’uomo di cultura dev’essere per forza un depresso, un malaticcio, un disgraziato della vita, uno sempre con il morto davanti, e, quasi sempre, un ipocrita finanziato dalla Regione; e chiacchiere spacciate per finalità sociale. Ci può essere anche in Calabria una cultura genuina, cioè virile, ridanciana, tragica, ironica, epica, provocatoria, e scritta in italiano non italiese scolastico… e può trovare 800 spettatori incollati al palcoscenico; e che certo se ne sono andati più colti di come sono arrivati, e senza pagare il prezzo della noia. Ebbene sì, la cultura è popolare; e i quattro aggobbiti da salotto, peggio per il loro fegato ammalato.

 Anzi, proprio la Calabria, che è zeppa di disgrazie quasi sempre meritate, dovrebbe vietare i piagnoni e depressi, e darsi d’urgenza a una cultura fiera e maschia e ribelle, e capace di divenire classe dirigente autorevole; e scuotere i Calabresi dalla loro bacucca sonnolenza ereditaria.

 Noi non abbiamo finito, ragazzi. Stasera e domani, Cantami o Musa a Petrizzi, sul mito di Ulisse: il quale non è minimamente sbarcato in Calabria incontrando Templari, e nemmeno altrove, però è sempre la figura più fascinosa e più umana del mito. Il 26, qualcosa di toccante a Girifalco. Faremo a Davoli qualcosa di buono per l’inverno, e un lavoro in grande per la prossima estate; è già in preparazione quello di San Sostene; abbiamo deciso per Chiaravalle… Eccetera.

 Chissà se riusciremo a togliere dal teatro comunale di Soverato un poco di scolopendre e ragnatele?

Ulderico Nisticò


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