E se succede qui da noi?


sismografo La piena solidarietà agli Italiani delle terre colpite dal sisma, e che restano esposti a pericolo di morte e subiscono danni al non meno prezioso patrimonio spirituale e storico.

 E se succedesse qui da noi? La Calabria ha patito secoli di terremoti devastanti; dal 1908 sta attraversando un periodo di tregua, che tuttavia non può essere stimata pace. Siamo in mezzo a tre vulcani attivi, e si parla anche di uno sottomarino; tradizioni non so quanto fondate parlano di vulcani dormienti, come il mitico Cuscunà (si si rivijjia u Cuscunà… avverte un detto); non mancano inquietanti sabbie mobili. Non faccio che aggiungere piccole notizie a quello che la sismologia ben conosce; però lo tiene per sé.

 E se succede, noi siamo pronti? Vorrei poterlo credere, però non ho visto niente che mi rassicuri. Credo che la Protezione civile abbia i suoi piani; e così l’Esercito; e così qualche meritevole associazione di volontariato. Ma restano loro piani, e la gente, a cominciare da me, non ne sa quasi nulla.

 Esempio, Soverato. Se dovesse succedere, e non solo un sisma: c’è rischio di forti mareggiate come nel 1972; di inondazioni da canaloni poco puliti e fogne peggio, come nel 2000, nessuno sa cosa fare, dove rifugiarsi, come comportarsi, a chi rivolgersi; né sono mai state effettuate prove o esercitazioni.

 Il primo e grave pericolo, è il panico. Il panico è il timore irrazionale, senza speranza: allora si corre in qualsiasi direzione, e si fa qualunque cosa a caso. Immaginate le conseguenze. Si aggiunga che Soverato ha molti luoghi ad altissima concentrazione di persone: scuole, ospedale, uffici comunali, postali, sanitari, negozi, locali di ritrovo…  Senza disposizioni chiare, il panico la vince su tutto.

 Serve una prevenzione; ma genuina, non tanto per mettere a verbale e pararsi le scapole.

 Questo per l’immediato dell’evento disastroso. E poi? Cosa è predisposto per una sistemazione, per l’assistenza sanitaria, per i rifornimenti alimentari? Sono certo che ci sono dei piani, ma io, cittadino qualsiasi di Soverato, li ignoro.

 E attenti alla ricostruzione. Abbiamo sotto gli occhi pochissimi buoni esempi e moltissimi pessimi. Nel 1947, il terremoto colpì Isca; la ricostruzione, effettuata secondo criteri ancora umani e da prima della guerra (si vedano Reggio e Messina; e abbiamo scritto dell’ottima ricostruzione borbonica dopo il 1783 ), risultò buona; così si può dire di Novalba di Cardinale. Ma se guardiamo alle fungaie spuntate a caso dopo la vera o presunta alluvione del 1951, ecco la depravazione delle chiese con pavimenti di graniglia; ecco le Marine senza uno spazio per passare a piedi; ecco a Nardodipace centinaia di appartamenti pagati dallo Stato e abitati, forse, dai fantasmi. La storia calabrese insegna che i danni sociali del terremoto possono risultare peggiori di quelli fisici.

 Questi sono i problemi, che preghiamo Iddio rimangano su questa pagina web, ma dovremmo essere pronti.

 Autorizzo i sindaci a spacciare questa mia idea come fosse venuta a loro: tanto qualcuno lo fa già.

Ulderico Nisticò


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