Gianfranco Fini e non solo lui


L’ultimo fattaccio di cronaca che riguarda Fini, beh, se la veda la magistratura: di sicuro è un altro momento del verminaio Montecarlo – Tulliani – Fini. Piuttosto importa qui studiare il caso umano e politico di questa persona; e, per quanto mi riguarda, come lo vidi io dagli anni 1970 al 1994, quando le mie sorti si separarono al volo dalla nascitura Alleanza Nazionale.
Fini arrivò al Movimento Sociale senza padre o nonno fascista; di bella presenza ed evidente propensione all’obbedienza, nonché scarso di idee proprie e idee in genere, parve interessante ad Almirante e signora, donde la sua carriera di segretario del Fronte della gioventù, poi, nel 1987, del Partito. Abbattuto dall’ircocervo assurdo del Bernini, l’alleanza mostruosa e fallimentare tra Rauti e la peggiore destra filoamerikana, venne richiamato dopo pochi mesi. Era perciò segretario in quegli anni 1992 e seguenti, quando la Prima repubblica crollava sotto il peso della sua corruzione non eccezionale ma sistemica: la Seconda fa schifo lo stesso, ma qui non c’interessa.

Democrazia Cristiana, Partito Socialista e partitelli si squagliavano; il Partito Comunista sperava di ereditare il potere, ma da una parte il crollo dell’URSS e del comunismo in genere, dall’altra la complicità con la DC che datava dal 1978, fecero sì che per la gente i comunisti nostrani venissero considerati non meglio dei democristiani, e sconfitti. Restava solo il MSI-DN, che ottenne nelle amministrative del 1993 un grandissimo successo (Fini candidato a Roma, la Mussolini a Napoli), e alle politiche del 1994 ben cinque milioni e mezzo di voti. Da chiarire, per chi volesse giocare con le date, che nella primavera del 1994 non esisteva alcuna altra sigla che il MSI-DN, e che, fino al 31 dicembre di quell’anno, chi era iscritto era iscritto al MSI-DN e non ad altro. Fu quella la mia ultima tessera di partito.

Incredibilmente, il MSI era andato al governo, con cinque ministri. A chi scrive puzzava assai che tre di questi cinque fossero dei democristiani riciclati… E intanto Fini faceva circolare delle Tesi che dovevano portare alla trasformazione del MSI.
Le Tesi non vennero lette quasi da nessuno: e ciò era nelle più radicate tradizioni dell’elettorato missino, che si divideva in tre tronconi: un ceto popolare fedelissimo e onestissimo, ma non tanto politicizzato; un ceto di laureati ignoranti come scarpe in fatto di politica; e una cinquantina di superdotti. Di questi cinquanta, e che tutti avevamo attentamente letto le Tesi, quarantacinque le rifiutammo con schifo, cioè tutti quelli che campavamo del nostro lavoro e non avevamo bisogno di Fini.
A gennaio del 1995, un congresso impasticcato fece assistere a uno spettacolo davvero surreale: un partito che stravince e invece di trionfare rinnega se stesso, dichiarandosi gramsciano, tacheriano, amerikano, liberale, democratico… tutto e il contrario di tutto, purché esplicitamente antifascista. Il massimo del ridicolo, quando Fini, in Israele, dirà che il fascismo era stato “il male assoluto”. No, il massimo del ridicolo, la spiegazione di Larussa: “male assoluto relativamente alle leggi razziali”. L’assoluto relativo!
I presenti a Fiuggi cantarono, piansero e votarono all’unanimità. Speravano in carriere e posti alla Regione? Ma sì! Votarono e piansero cantando. Perciò, se Fini è colpevole, lo sono anche tutti quelli che hanno votato a Fiuggi secondo le sue indicazioni; e che mentivano sapendo di mentire.

Il resto va da sé. L’elettorato, che aveva votato MSI, si rifiutò di votare quella specie di rozza imitazione della DC che era Alleanza Nazionale; un giorno, Fini si fuse con Berlusconi; un altro giorno litigò con lui, che lo “cacciò”. Oggi tutti i partitelli postmissini o postanneini messi assieme contano meno voti del MSI nei suoi momenti peggiori. Il resto è cronaca, e, come leggiamo, cronaca nera. Nera in senso penale, non politico! Vero, ma la colpa fu di tutti i fiuggiaschi, e non del solo Fini.

Ulderico Nisticò


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