Gli scultori Drosi da Satriano… “santari” raffinati!


SatrianoIn ogni chiesa della Calabria, ma non solo, i tre “santari” Drosi da Satriano hanno lasciato la loro firma indelebile posta sulle base dei Santi che con maestria hanno scolpito, restaurato o rifatto. Primo tra tutti Nicola 1817-1901 raffinato ma semplice, fermo, sicuro determinato. Non ama primeggiare tant’è che delega spesso il figlio Pietro (1847 – 1929) il quale fin da bambino si dedica all’arte della scultura. Michelangelo (1876 – 1969) è l’ultimo della dinastia dei “santari” il quale dopo aver acquisito la tecnica e i segreti nella bottega perfeziona l’esperienza a Venezia dove viene mandato per quattro anni a studiare.
Pronunciarsi sulle opere dei Drosi non è facile e non bisognerebbe farlo senza conoscerne la storia e senza consultare i documenti come è avvenuto nei giorni scorsi in una intervista rilasciata dal “critico d’arte” dott. Flavio Garreffa il quale si è lasciato andare in giudizi prevenuti, in pregiudizi senza fondamento ma soprattutto senza la giusta conoscenza.

I “santari” lavorano e perfezionano la loro arte liberi da condizionamenti tipici delle correnti artistiche. Tutti e tre sono artisti liberi con un proprio stile personale. Creano Santi, non statue e lo fanno ispirandosi ai volti delle giovani donne del paese o agli uomini lavoratori del luogo. Utilizzano per creare le loro opere i materiali poveri, spesso riciclati, a disposizione nel quotidiano: legno, garza, carta, gesso, chiodi. Creano i colori con i prodotti della natura e quando tutto è pronto assemblano, scolpiscono, immaginano, sognano e creavano bellezza. Una bellezza che incanta: il volto timoroso della madonna degli angeli di Gagliato è sublime, reale.

Pur ispirandosi ai volti del posto sono ottimi conoscitori della vita dei Santi in quanto l’iconografia utilizzata rispecchia le caratteristiche spesso riportate nei testi di storia dei santi o nel martirologio: la palma della gloria nei martiri, il colore del saio a seconda dell’ordine di appartenenza, il colore dei paramenti nei Santi Vescovi ecc.

Tutti e tre lavorano in bottega ma spesso, per via delle distanze, si trasferiscono nel paese della committenza dove rimangono anche per anni. E’ il caso di Riace dove Pietro soggiorna con la famiglia per scolpire la statua dei Santi Medici Cosma e Damiano. Proprio a Riace infatti nacquero Immacolata e Cosimo Damiano i due figli gemelli degli undici. Non a caso ad uno dei due Pietro diede il nome dei Santi che stava scolpendo. Il dott. Flavio Garreffa, maldestramente ha ipotizzato, proprio nei giorni scorsi, al termine dell’ultimo restauro (a cura del restauratore Giuseppe Mantella di Isca, nell’ambito del progetto Arte e Fede), che le statue dei Santi Medici di Riace non sono da attribuire a Pietro Drosi il quale probabilmente si sarebbe occupato solamente di un restauro o del rifacimento di alcune parti. Non ha citato però fonti e documenti. I fatti e le carte dicono tutt’altro. Nel bellissimo libro di Bernardino Comerci “Storia di tre santari Calabresi – Nicola, Pietro e Michelangelo Drosi da Satriano”, a pagina 92 è riportato il testo originale del contratto firmato nel 1878 da Pietro Drosi e dal Priore Giuseppe Campagna. La nipote Maria Drosi, esperta dell’arte dei nonni, conserva gelosamente una ricevuta di pagamento dove chiaramente c’è scritto “riceve per aver costruito” le statue dei Santi Cosma e Damiano. Io non ho le competenze artistiche ma mi piace studiare, leggere, capire. Il dott. Garreffa probabilmente ha le competenze ma sui Drosi non ha studiato!

Personalmente mi riempio di orgoglio quando entrando in una chiesa riconosco una statua Drosi soprattutto quando sulla base trovo scritto “Drosi da Satriano scolpì”. Mi è capitato a Bianchi, a Gimigliano, a San Sostene a Gagliato.

Alle statue Drosi ti affezioni, ti leghi ed io ad una in particolare sono legato: la scolpì Nicola il 1871 i Santi Medici di Satriano meno imponenti di quelli scolpiti a Riace dal figlio Pietro, più semplici, più piccoli con meno decori ma non ci posso fare niente per me sono i più belli di tutti.

Alessandro Catalano


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