I dubbi dell’ex sindaco di Lamezia sull’operato della commissione d’accesso


“Ciò che è accaduto alla città di Lamezia Terme è una vicenda anomala nella quale state violate le più elementari regole di democrazia”. A denunciarlo è l’ex sindaco Paolo Mascaro, il quale esprime perplessità sull’operato della Commissione che ha portato allo scioglimento del consiglio comunale.
Lei ha mai chiesto di essere sentito dalla Commissione d’accesso?
Ho chiesto tre volte di essere ascoltato, due volte alla Commissione e una volta al Ministro. La prima volta, il 6 settembre, ho inviato alla Commissione una memoria nella quale evidenziavo tutti gli atti posti in essere dalla mia amministrazione di contrasto alla criminalità organizzata, di ripristino di regole di buona amministrazione e di risanamento economico e rigore etico. Ho affrontato pure in maniera specifica tematiche riguardanti alcuni atti per i quali la commissione aveva chiesto l’integrale carteggio. Su questi atti, intuendo che ci fosse la necessità di un approfondimento, ho formulato le mie ricostruzioni puntuali e precise. Nella stessa memoria chiedevo, qualora ci fossero stati atti, provvedimenti o comportamenti che nella commissione avessero destato il pur minimo sospetto di condizionamenti mafiosi o di infiltrazioni della criminalità, di essere ascoltato, perché avrei potuto fornire i dovuti chiarimenti. Chiedevo, insomma, di poter dare un contributo utile affinché l’attività di indagine fosse completa e pervenisse all’accertamento della verità. Ma la mia richiesta è stata totalmente inevasa. Non sono stato ritenuto neppure meritevole di una risposta.
Ha mai conosciuto la Commissione?
I commissari hanno fatto gli accertamenti sulla base di acquisizione documentale. Venivano solo per portare richieste di documenti, che noi inoltravamo via pec. Avevo conosciuto il primo Presidente della Commissione, dott. Mariani, il 9 giugno, unitamente agli altri due membri, quando mi è stato notificato il decreto della commissione di accesso. Poi due membri sono stati sostituiti e il nuovo Presidente (del quale non ricordo neanche il nome) non l’ho mai visto, perché non è mai venuto a Lamezia Terme. La Commissione ha ritenuto di non sentire il Sindaco, ma neppure i dirigenti, i segretari e i revisori dei conti. Un’attività di indagine che prescinde dall’audizione di tali soggetti, a mio parere, può portare a delle conclusioni incomplete e quindi errate.

Ma una Commissione può operare come ritiene più opportuno…
L’art. 143 TUEL, tanto contestato in questi giorni sia da politici di diverso colore che da cultori del diritto e della materia, è per così dire a procedura libera e specifica unicamente che la Commissione espleta attività di ispezione ed indagine senza precisarne le concrete modalità. Di certo, però, vi sono dei principi che non si possono violare, come quello del contraddittorio, fondamentale in uno Stato di diritto. Se un sindaco chiede di essere ascoltato, in cinque mesi non puoi non dedicargli tre ore dell’attività di ispezione. In qualsiasi procedimento contemplato dalla nostra giurisdizione, il soggetto che indaga, quando ha notizia di persona che dice di voler dare un contributo utile all’indagine, lascia qualsiasi cosa e va a sentire cosa ha da dire, nell’interesse esclusivo della verità. Nel nostro caso, impedendo al Sindaco che lo ha richiesto più volte di essere ascoltato, è stato inferto un duro colpo a tutti i Sindaci di Italia, quali rappresentanti della intera Comunità che li elegge.

Dal prefetto, però, è stato convocato…
Sono stato convocato dal prefetto per una “riunione”, così diceva la mail. Mi ero presentato con un malloppo di carte perché ritenevo che finalmente mi venisse consentito di rispondere su tutti i provvedimenti, comportamenti o atti amministrativi per i quali vi era in ipotesi il sospetto di infiltrazioni o di condizionamenti mafiosi. Invece mi sono sentito dire che non ero stato convocato perché potessi dare il mio apporto all’attività di indagine, ma solo perché il Ministro aveva ritenuto di voler fare una cortesia istituzionale nei riguardi di un Sindaco che stava facendo lo sciopero della fame. Uscendo dalla Prefettura ho detto: oggi lo Stato, verso il cui concetto etico nutro profondo rispetto, ha davvero perso perché, non ascoltando il rappresentante del popolo, si è consumato un evidente abuso ai danni di un Sindaco e di una Comunità.
Secondo lei questa commissione ha lavorato in maniera frettolosa?
Non spetta a me detta valutazione. Posso semplicemente dire che si è limitata all’acquisizione ed allo studio di documenti non esaudendo incredibilmente la richiesta del Sindaco di essere ascoltato e non assumendo utili ed importanti informazioni da Dirigenti, Segretari e Revisori; pertanto, a mio parere, le conclusioni rassegnate sono di certo prive di quel maggiore approfondimento che vi sarebbe stato con attività di compiuta indagine. Vi è poi da sottolineare la celerità assoluta tra il momento nel quale la Commissione ha rassegnato le conclusioni (sembra, per quanto appreso dagli organi di stampa, il 23/10/17) e la decisione di scioglimento da parte del Consiglio del Consiglio dei Ministri (22/11/17).
Di certo il 03/10 i Commissari hanno richiesto al Comune dei documenti, quindi erano ben lontani dal rassegnare le conclusioni, i 29 giorni intercorsi da quando la commissione ha rassegnato, come detto, le conclusioni al momento del decreto del consiglio dei ministri ritengo che siano stati, rispetto ai 135 giorni previsti dall’art. 143 TUEL, il termine più accelerato nella storia degli scioglimenti dei consigli comunali.

Secondo Lei perché è accaduto tutto questo?
Me lo chiedo tutti i giorni, ma non riesco a darmi una risposta e mi sembra di essere il protagonista del Processo di Kafka. Ancora oggi io non so neanche minimamente perché il mio mandato popolare è stato interrotto e quali siano gli eventuali atti contestati. Mi sembra che dette anomalie stiano provocando, in Calabria e non solo, molti dubbi sulla norma inerente lo scioglimento dei consigli comunali. L’Anci Calabria e molti rappresentanti di schieramenti politici anche di opposto colore affermano che questa legge deve essere rivista. E ciò sicuramente si sta determinando anche sull’onda di quanto è successo a Lamezia Terme ai danni di un Sindaco e di un’ intera comunità.
Se la Commissione ha proposto lo scioglimento significa che ha scoperto qualche contatto tra politica e criminalità?
Per quanto riguarda gli atti amministrativi, sicuramente il mancato approfondimento può aver fatto equivocare la commissione sulla legittimità di qualche provvedimento. Ecco perché di ogni singolo provvedimento volevo chiarire perché era stato fatto, dimostrandone la legalità. Io sono assolutamente certo che non vi è nessun atto su cui si possa fondatamente dire che è stato frutto di infiltrazioni o condizionamenti mafiosi. E sono sicuro che riuscirò dimostrare che si è trattato solo un clamoroso equivoco, dovuto a un freddo esame degli atti, avvenuto senza il mancato ascolto di sindaci, dirigenti, segretari e revisori. Tutti avrebbero potuto dare un contributo positivo, come si verifica in tanti comuni dove vi è stata la commissione d’accesso. Come è avvenuto a Cassano, dove il sindaco e i dirigenti sono stati ascoltati. A Lamezia, invece, si è consumato il paradosso dei paradossi: un sindaco scelto dal popolo è stato mandato a casa, ma non si sa minimamente per quale motivo. Questa vicenda ricorda quello che succedeva negli stati totalitari dell’America Latina degli anni ’70. Senza contraddittorio non c’è né democrazia nè legalità.
Per quanto riguarda, invece, eventuali non auspicati collegamenti di singoli consiglieri con fenomeni attinenti la criminalità non sta a me dover dare spiegazioni limitandosi la mia futura difesa alla dimostrazione della non permeabilità della mia amministrazione e della non rilevabilità dall’esame degli atti di alcun condizionamento mafioso o criminale.
Attendo, comunque, le motivazioni e poi proporrò ricorso al Tar.
Però l’indagine sul comune è stata mossa dall’operazione Crisalide…
Questo è scritto nella motivazione del decreto d’accesso, dove si parla di due consiglieri comunali che avevano avuto un avviso di garanzia e del fidanzato di un’altra consigliera comunale che era stato arrestato. Ma, nel contempo, l’operazione crisalide fornisce l’elemento più rassicurante per una comunità, perché cristallizza il dato che la mafia aveva ritenuto di non votare il candidato sindaco Mascaro. Il 13 giugno 2015, il giorno prima del ballottaggio, in una intercettazione ambientale in auto tra il reggente della cosca e la moglie lui dice: domani non andiamo a votare perché con Mascaro e Sonni non ci caviamo nulla, mi fotto di loro. Ho inviato la trascrizione integrale di quella conversazione alla commissione d’accesso. Mi auguro, quindi, di leggere nella relazione che il Sindaco e la sua coalizione non hanno avuto l’appoggio della criminalità organizzata in sede di voto avendo la mafia ritenuto di non poterne cavare benefici o condizionamenti. Se detto riferimento non vi fosse, sarebbe grave.

Quali ripercussioni ha avuto questa vicenda sulla Sua vita privata e professionale?
Sicuramente aver percepito che la città è dalla mia parte ha attenuato l’amarezza. Ho avuto il giorno dopo un incredibile bagno di folla con un pianto contagioso che ha interessato decine e decine di persone. Ogni giorno ancora vengo fermato da tanti che mi implorano di non mollare perché questo è avvertito come un provvedimento ingiusto sia nei riguardi del Sindaco che dell’intera Città. A livello personale, comunque, mi pesa tanto, per la mia storia personale e di tante generazioni che mi hanno preceduto, che della moralità e legalità hanno indiscutibilmente fatto la loro principale ragione di vita, per la sofferenza provocata a mia madre, ai miei figli, a mia moglie che ogni giorno nella sua difficile professione contrasta con atti e provvedimenti concreti la più efferata criminalità. Essere un Sindaco che ha avuto uno scioglimento per mafia è per me una ferita lacerante, profonda e dolorosissima che non riuscirò mai a superare. Sono anche addolorato perché oramai, pur rispettando il senso etico dello Stato, ho una profonda sfiducia verso l’operato di alcuni soggetti che rivestono importanti ruoli istituzionali e che non esitano a volte a calpestare diritti immortali per ogni essere umano e per ogni democrazia vera. Ma credo che la giustizia ordinaria non potrà non darmi ragione.

Antonella Mongiardo


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