Il salotto della città di Soverato


Nella bocca dell’ex Comac, quella vecchia fabbrica di legno e materiali da costruzione che ogni notte si addormenta tra il sospiro del mare e il frastuono dei pub e ogni giorno si risveglia tra i timidi raggi del sole e il chiacchierio di cornetto e cappuccino, quella cui il tempo ha segnato il volto con profonde rughe, ha lasciato qualche dente qua e là e ha colorato il volto di grigio, quel volto che, ormai stanco, cerca di adeguarsi al noioso ripetersi del quotidiano, lì dentro, al tramonto, sono arrivati tanti uomini in mocassini e camicia dalle maniche arrotolate attorno al gomito.

E tante donne con perle e rossetto. Quelli che si capisce siano architetti o ingegneri per il solo modo di stringersi la mano o di sistemare gli occhiali sul naso. Con quell’aria un po’ intellettuale e un po’ superba che affascina tanto chi li osserva da lontano. Sono arrivati i ragazzi in scarpe da ginnastica e macchina fotografica. Quelli cui la passione abita negli occhi. È arrivato timidamente impacciato il sindaco della città Ernesto Alecci. È arrivato nella semplicità dei jeans l’assessore ai lavori pubblici Daniele Vacca. Entrambi parte viva di quella curiosità vivace depositata dentro le orecchie di quegli stessi giovani che attendono a margine della folla, nelle cui suole è deposto il futuro della città.

È arrivato nelle retrovie anche il consigliere della regione Calabria Arturo Bova. Tutti i nasi all’aria osservano le braccia della vecchia signora fabbrica che tiene strette tante nuove Soverato. Nuova è la piazza Maria Ausiliatrice e nuovo è il corso Umberto I, il <<salotto della città>> nelle parole del sindaco, volto a diventare un centro commerciale all’aperto. Le nuove Soverato sono tante, 18. Riposano dentro altrettanti progetti volti a regalarle respiro europeo. E i progetti respirano dentro un contest volto a decretare il migliore tra tutti. Assente il vincitore, il giovane architetto Elena Antoniolli con studio a Treviso, che tutta sola crea il progetto primo classificato.

Presenti per il secondo posto gli architetti Vito Ruscio e Giuseppe Galati con studio a Como e Vincenzo Apicella e Mafalda Maria Cipolla con studio a Cosenza per il terzo, nelle cui parole le linee oblique sfacciatamente collegano il vecchio al nuovo e spazi pieni lasciano il passo a spazi vuoti e visioni tridimensionali mutano in bidimensionali e luci si alternano alle ombre. Perché l’architettura moderna è pane, amore e fantasia. Tutto rimane all’interno di un dibattito. La realizzazione del progetto è ancora lontana. Tra debiti milionari e fondi da cercare nella mappa del tesoro, ci si aggrappa tenacemente alla speranza che il sogno realtà diverrà. È profonda verità che concretizzare le chiacchere risulta fondamentale per una città che vuole affacciarsi alla modernità, ma il dibattito è una incontrollabile forza generatrice di pensiero. Il dibattito tiene vivo l’interesse per la progettazione e la progettazione tiene viva la mente e la mente tiene vivo l’uomo e l’uomo tiene viva la città. Dibattere precede il lavorio sull’argomento e finché questo sforzo non si piega sotto il peso dell’indifferenza, è sempre la via corretta per giungere a conclusioni reali e positive. Un “concorso di idee” che rende vivace, attiva e trasparente la partecipazione degli individui alla costruzione di una nuova Soverato.

Floriana Ciccaglioni


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