In 10 anni 26mila laureati “scappati” dalla Calabria


Dal 2006 al 2016, «la fuoriuscita netta dalla Calabria è stata pari a circa 26mila laureati». Lo scrive la filiale di Catanzaro della Banca d’Italia nell’annuale rapporto sull’andamento dell’economia in Calabria. Nella regione, spiega l’istituto, «la quota di laureati sulla popolazione è cresciuta nell’ultimo decennio meno che nella media del Paese, per effetto delle emigrazioni, soprattutto da parte dei laureati con caratteristiche maggiormente favorevoli all’inserimento lavorativo. Nel 2016 l’incidenza dei laureati era pari all’11,5% (13,6% nella media nazionale). Tra il 2006 e il 2016 la quota dei laureati è aumentata di 2,6 punti percentuali: la dinamica positiva è stata meno marcata rispetto alla media del Paese (3,9%). In assenza dei flussi migratori – rileva Bankitalia – la crescita della quota di laureati in regione sarebbe stata superiore di circa 1,5% e in linea con la media nazionale».

Secondo il rapporto «nel decennio 2006-2016 la fuoriuscita netta dalla Calabria è stata pari a circa 26mila laureati, un sesto dei residenti con lo stesso titolo. La perdita di capitale umano è essenzialmente ascrivibile ai movimenti verso il Centro Nord e, in misura minore, alle migrazioni verso l’estero».

Per la Banca d’Italia «in Calabria il tasso di disoccupazione dei laureati (13,1%), seppur nettamente inferiore alla media regionale, è circa circa il doppio di quella osservata in Italia e questo divario contribuisce in parte a spiegare gli intensi flussi migratori di laureati. Il basso utilizzo di personale qualificato riflette anche le scelte compiute dalle imprese circa la composizione della loro compagine lavorativa. Secondo una nostra analisi relativa al periodo 2012-2016 – si legge – la domanda di lavoro delle imprese calabresi si caratterizza per la ricerca di livelli di capitale umano relativamente contenuti rispetto al resto del Paese: nel quinquennio esaminato – conclude l’istituto – le assunzioni programmate di personale laureato hanno rappresentato poco meno dell’11% del totale (16% in Italia)».


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