Isola CR, la mafia e il lupo


 Sul caso Isola CR si fa un gran parlare di mafia, e poco del resto. E siccome io sono malpensante, mi ricordo di un apologo nostrano, il quale recita così: “Manca na pecura. Cu’ s’a mangiau?”, e, in risposta, “U lupu”. È un dialetto facile anche per i forestieri. Spiegazione: il proprietario conta il gregge, e chiede come mai ci sia una pecora in meno; il pastore spiega che a mangiare la pecora sia stato il lupo. Chi non lo sa che sono i lupi a mangiare le pecore? Attenti, è vero, i lupi sono, scusate l’hapax, ovivori; ma quella pecora se l’era mangiata il pastore.

 Per quanto mi riguarda, i mafiosi di Isola sarebbero già tutti a spaccare pietre sotto il sole d’agosto… però, scusate un attimino… i mafiosi di Isola sono mafiosi ereditari, per vizio, per ambiente, per storia; e nessuno ha mai detto loro che dovrebbero essere onesti e buoni; anzi, il contrario.

 Ora cerchiamo di ricostruire la vicenda. Il Centro accoglienza richiedenti asilo (CARA) di Isola non è gestito direttamente da un capocosca con la coppola eccetera. Secondo il procuratore antimafia (DIA), un branco di presunti figuri ci ha messo mano, senza essere per questo mafiosi. Secondo il giudice delle indagini preliminari (GIP), la DIA ha ragione, e sono stati confermati gli arresti. Tutti, anche loro, sono innocenti fino a sentenza definitiva: però siamo già a due gradi del procedimento!!!

 Siccome io non faccio l’agente di una polizia o il magistrato, a me interessa l’aspetto politico della squallida vicenda del CARA. C’è un elenco enorme di gente che doveva vigilare e non ha vigilato, ovvero:

  • Ministero degli interni in genere;
  • Prefetti di Crotone negli ultimi anni: ora, molto tardi, arriva un’ispezione!
  • Sindaci di Isola: ora, molto tardi, arriva una commissione di accesso;
  • Regione Calabria, cioè Oliverio, Viscomi e tutti gli Alti Profili;
  • Deputati, senatori, consiglieri regionali… tutti rigorosamente muti;
  • Commissione parlamentare antimafia, cioè Rosy Bindi;
  • Commissione regionale antindrangheta, cioè Arturo Bova;
  • Misericordia nazionale;
  • Chiesa di Crotone;
  • Giornali e tv calabresi e non; intellettualoni politicamente corretti;
  • Antimafia e fiaccolatori di professione o dilettanti, di cui la Calabria pullula;
  • Mannoccio, Lucano, Corbelli…
  • se dimentico qualcuno, credetemi che è solo per dimenticanza.

 Nessuno di questi illustri signori andò mai ad assaggiare il cibo che, stando al procuratore Gratteri, era “da maiali”. E figuratevi il resto.

 Non è serio che, per colpire il CARA, l’unica a muoversi sia la DIA. Non è serio che, passata la prima ora, tutti parlino di mafia e basta, invece dei colpevoli non mafiosi assieme alla mafia: colpevoli mille volte più colpevoli. Pensate a quel faccione di bimbo bello di Leonardo Sacco: ebbene, se proprio devo scegliere, metto prima lui in lista per i lavori forzati, e poi i mafiosi. Si es culpable, direbbe il Ferrer secondo Manzoni.

 Perché finora tutti quei signori non hanno ispezionato? I motivi sono due: a) generica pigrizia, e fin qui siamo alle solite; ma attenti al punto b).

 Il CARA, e tutti i presunti innocenti in attesa di sentenza definitiva che spero arrivi presto, tutti, sono stati coperti per anni da una ideologia, ma no, una stomachevole retorica buonista: diciamo che sono buoni per sentenza definitiva! Sul parroco fecero persino un film antimafia! E qui non aggiungo segue cena, perché al CARA si mangia uno schifo.

 Conclusione: gli ispettori di qualsiasi cosa devono sempre partire dalla presunzione di colpevolezza, cioè fiutare la puzza d’imbroglio anche sotto i profumi di rose della bontà, o dell’incenso! Poi, e solo poi, eventualmente decretare l’innocenza. E i retori sono liberi di parlare, ma non devono influenzare le indagini e le ispezioni.

 Esempio di come si dovrebbe fare: il prefetto di Crotone arriva all’improvviso al CARA alle ore 12,30; saluta; afferma di avere fame e di voler mangiare assieme ai rifugiati; vomita; chiama il questore e fa arrestare tutti a cominciare dal cuoco. È così che si fa un’ispezione; e invece non la fece nessuno; o, peggio, qualcuno avvertiva prima, e quel giorno a tavola c’erano caviale e champagne!

 A proposito, nell’elenco avevo dimenticato il cuoco, che, per onesta professionalità, doveva rifiutarsi di cucinare il “cibo da maiali”. E già, ragazzi, il giro di complicità, in casi del genere, parte dal vertice della piramide e scende, scende fino all’ultimissimo gradino.

 Quis custodiet ipsos custodes?

Ulderico Nisticò


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