L’avvocato Pasquale Italiano esprime soddisfazione sulla formazione da parte del procuratore Nicola Gratteri di un pool anticorruzione


Sull’annuncio del procuratore capo di Catanzaro, Nicola Gratteri, riguardo alla formazione di un pool di magistrati che indagheranno sui reati nella pubblica amministrazione, esprime alcune riflessioni l’avvocato Pasquale Italiano, uno dei legali coinvolti nella vicenda del concorso per dirigenti scolastici del 2011.

“L’annuncio fatto dal Procuratore della Repubblica di Catanzaro sulla costituzione di un pool di magistrati che indaghi sulla pubblica amministrazione non può che fare piacere ai cittadini onesti. Ma esso ha suscitato in chi scrive alcune riflessioni sul modo in cui la magistratura finora ha affrontato le situazioni di illegalità che si annidano nella pubblica amministrazione, sia che prendano la forma di illeciti arricchimenti da parte di funzionari corrotti, sia che si traducano in comportamenti arroganti verso i cittadini o in spiccati favoritismi verso parenti, conoscenti o potenti, a danno di persone più meritevoli. L’elenco degli abusi che si consumano nei gangli della pubblica amministrazione potrebbe continuare chissà quanto e le vittime sono sempre le stesse: coloro che non hanno le spalle coperte, che fanno il proprio dovere, che credendo nell’onestà di chi li deve amministrare, coloro che sono illusi, raggirati, etc, etc.

Annunci del genere in un paese normale non dovrebbero esserci, perché la magistratura, istituzionalmente, dovrebbe operare a trecentosessanta gradi, con la stessa diligenza e tenacia, in tutti gli ambiti in cui ha conoscenza che si manifesti la criminalità. Se ora è stata avvertita la necessità di ricorrere ad un surplus di energie investigative sull’area della pubblica amministrazione, è verosimile pensare che finora la guardia contro i reati nella pubblica amministrazione è stata troppo bassa, tanto che il malaffare è montato e sta contagiando a vari livelli la cosa pubblica.
Ma, ci siamo chiesti come mai, nonostante la Magistratura sia investita da una infinita domanda di giustizia nata dall’ansia dei cittadini di vedere ristabiliti i propri diritti, calpestati proprio da chi dovrebbe fare professione di rettitudine, sono statisticamente poche le indagini che si concludono con soggetti appartenenti alla P.A., anche solo indiziati o rinviati a giudizio o, peggio ancora, condannati? E’ troppo riduttivo affermare le indagini del genere sono complesse. Le difficoltà oggettive in sé vanno superate con la volontà, la diligenza, la specializzazione. Un esempio su tutti, per smentire facili ripiegamenti sulla presunta difficoltà di certe indagini: quando lo Stato ha voluto sconfiggere il terrorismo l’ha fatto nel volgere di qualche anno.
La Volontà, la Volontà! Le difficoltà, sicuramente, sono di altra natura. Guardiamo più da vicino queste difficoltà che intralcerebbero le indagini. In Calabria, regione rimasta fuori dallo sviluppo industriale e, con esso, da una mentalità creativa ed efficientista, la pubblica amministrazione è, per la stragrande maggioranza dei casi, l’unico serbatoio d’impiego della forza lavoro. Gli apparati politici trovano linfa vitale proprio nella burocrazia di cui si servono per attingere voti, creando clientele, connivenze e talvolta cointeressenze.
La magistratura deve fare il proprio dovere: indagare nella pubblica amministrazione ovunque ritiene ci sia del marcio, ovviamente rispettando le condizioni di garanzia, ma osando anche tra i poteri forti, dando esempio di indipendenza, sempre a difesa dei giusti e dei più deboli”.


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