Le acque dell’Ancinale a teatro


Martedì 6 giugno – la mattina alle 11 per gli studenti, la sera alle 21 per il pubblico – andrà in scena “Le acque dell’Ancinale”. Per gli estremi, leggete la locandina.
L’Istituto Superiore di Chiaravalle comprende Istituto Tecnico, Liceo e Agraria; ed è punto di riferimento scolastico di un vasto comprensorio. Partecipa spesso ad attività extracurricolari, e basta ricordare aver vinto il premio della Banca d’Italia per aver immaginato e disegnato una banconota. Il Liceo è stata la mia scuola per quattro quindi della carriera; e non ho lasciato del tutto colleghi e amici.

Il lavoro teatrale è, come spesso i miei spettacoli, di fantasiosa struttura, e, correndo da uno stile e un argomento ad altri, quasi a caso, mette in scena buona parte della ricchissima materia che la Valle dell’Ancinale può offrire: leggende di fantasmi, la grande storia, la cronaca quotidiana, le vicende di un consiglio comunale, la religione, l’amore, i contadini, la poesia… Il tono è ora satirico, ora epico, ora burlesco, ora tragico, ora umoristico; e due brevi scene sono state scritte per rendere omaggio al nostro antico e robusto dialetto.

Rendiamo merito a ragazzi attori, professori, regista e a tutti quelli che hanno collaborato; come ripeto sempre ogni volta che va in scena un mio lavoro teatrale, ogni testo, senza il palcoscenico, è solo un foglio di carta.
Pubblico qui i versi che daranno inizio al lavoro.

O di piccolo inizio, gran fiume,
dal nome curvo corso per desiderio delle onde,
o dalle guizzanti anguille,
e dicono un tempo l’aveste dai granchi,
voi che al mare lontano
portate le voci sommesse dei monti,
rapite i lievi sogni dei vivi,
ora lente ora gorghi,
ora verde di chiaro specchio,
e vento che tra i canneti soave sussurra,
ora improvvisa tempesta e sgomento dei cuori,
devastazione dei campi,
lungo di voi, arcane acque,
dove salta col luccio l’astuta trota
dalla tana celata tra lucide pietre,
stanno ancora le arcane ninfe e gli dei dei tempi antichi,
e dolenti anime di spiriti senza pace;
per voi e per la quiete dei cuori cristiani
pregano i sacri conventi e le chiese di grigi graniti.
Possenti macchine fate voi giocare, forti acque,
mulini e frantoi e gualchiere,
opera di artigiani ingegnosi
e mobili mani cardano e filano lana.
Lungo di voi, ricche acque,
lieti contadini lavorano e cantano,
e voi siete vita e salute di campi fecondi;
cani fedeli e pastori conducono immense torme di pecore
a placare l’arsura dell’atroce Canicola;
Le donne dagli ardenti occhi
bagnano i fianchi flessuosi
e i panni, e sciolgono le fibre tenaci della ginestra,
costanti affaccendate api;
altre cercano i colori e le erbe medicinali
di una remotissima scienza,
a volte richieste o temute.
Giovani ardimentosi spiano, quando vanno ad attingere,
brevi fanciulle già ardenti alle nozze,
e presto madri di fresche figlie e figli protervi.
Rivolsero tra voi profondi pensieri dei dotti e dei saggi,
santi monaci e saldi guerrieri seguirono il tuo greto,
dove li muovessero la fede e la furia di guerra,
e io con loro, gran contessa Adelasia,
chiedendo al Signore per i miei eredi un regno di secoli.
A voi, care acque e nostri forti borghi e castelli,
a voi, genti argute di mente e attive di braccia,
già i poeti cantarono musiche,
ora con lo stile dei libri,
ora nella rustica lingua del popolo,
versi come cupi tamburi,
come zufoli acuti a tre fori,
come struggenti zampogne,
come tintinnanti chitarre e lire,
per vortici di folli danze d’amore nelle notti d’estate.
Ora qui, figli di voi, acque benevole,
su queste tavole di legno dove il sogno diventa senso,
mischiando il vero con il volo dell’anima,
toccando le fibre del cuore e suscitando passioni
e un poco di riso e un poco di lacrime,
a voi per antichissimo amore di voi,
noi dedichiamo l’immaginoso teatro,
o acque dell’Ancinale.

Ulderico Nisticò


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