Le invenzioni sul Meridione


Strano destino, quello delle terre meridionali d’Italia e della Calabria in specie: gran parte di ciò che si dice e si scrive a tale proposito è frutto di luoghi comuni e fantasticherie. Esempi:

– Qualunque cosa ciò esattamente significhi (non è affatto certo) qualche greco coniò l’espressione “Megale Hellàs”, probabilmente confrontando le brulle e assolate plaghe della penisola ellenica, con terre che, bene o male, almeno erano boscose e con aree favorevoli all’agricoltura.
– Riscoperta attraverso l’umanesimo del XV e XVI secolo, la Magna Grecia agli occhi dei posteri è un’era di ogni possibile e impossibile felicità. Essi ignorano le feroci guerre tra città magnogreche, e la rapida decadenza già nel V secolo a.C.
– I poeti latini estesero a tutto il Meridione l’impressione che dava loro la “Campania felix”. I posteri, leggendo i poeti e non guardando mai con i loro occhi, si convinsero che il Meridione fosse tutto giardini fioriti e idilliaci e paciosi greggi di pecorelle.
– Per ragioni religiose qui troppo complicate da spiegare, la Calabria e parte del Meridione apparvero, ai cattolici romani, come abitati da scismatici ortodossi; donde da una parte niente di meno che la scoperta essere stati calabresi i crocifissori di Cristo; dall’altra i pietosi tentativi di mostrarsi a forza latini come fa il Barrio!
– La propaganda politica francese dei secoli XVII e XVIII, di cui il Manzoni è un’eco italiana, disse tutto il peggio possibile degli Spagnoli, e per essi dei Meridionali, che, fedeli al re, combattevano contro i vari invasori francesi: ricordo il vittorioso assedio di Catanzaro del 1528.
– Figuratevi cosa successe quando i Meridionali, Calabresi in specie, cacciarono, nel 1799, i Francesi giacobini; e si ribellarono fieramente ai Napoleonidi tra il 1806 e il 12. Tutti i Calabresi passarono per briganti.
– Nei secoli XIX, XX e XXI, a dire malissimo del Meridione, e più ancora della Calabria, sono i dotti calabresi. Essi sono pochissimo conoscitori della Calabria, e chissà quanti soveratesi istruiti hanno mai visitato la Pietà del Gagini; mentre potrei farvi almeno due “grossi nomi” che mi hanno confessato di non essere mai stati a Roccelletta, km. 17!
– Essi però hanno letto tutti i libri dei peggiori pinchipallini inglesi di rapido, rapidissimo passaggio; ed è tutto quello che sanno della Calabria. Donde tutti i luoghi comuni, da infinitamente bello e infinitamente selvaggio: roba da cartolina illustrata!

– Di storia meridionale, i dotti, detto in generale, conoscono: a) molto approssimativamente la suddetta Magna Grecia quasi del tutto inventata; b) i monaci bizantini, seicento anni di tutti rigorosamente monaci, santi e maschi; c) la congiura del 1599, malamente attribuita al Campanella; d) la fucilazione di Murat, ma a chiedere chi mai sia stato non scomodatevi, e perché sia finito schioppettato.
– Fanno eccezione dei dotti di professione, ma, di solito, iperspecialisti di qualcosa e sconoscenti di tutto il resto.
– La colpa è della scuola, vero; ma anche della mancanza di quegli strumenti, sia pure rustici, di diffusione popolare della storia che furono e sono i romanzi storici e il cinema. Per scrivere della Disfida di Barletta dovette arrivare il piemontese d’Azeglio; per la battaglia di Benevento, il toscano Guerrazzi.

È ora di narrare il Sud, e la sua storia, senza favole, e come realmente furono.

Ulderico Nisticò


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