L’errore originario delle istituzioni rappresentative italiane


 Stanno già litigando di nuovo, ma se passa lo sbarramento al 5%, voi pensate sul serio che sarà spazzato via Alfano? Ma no, Alfano e i cespugli in genere, non essendo in grado di raggiungere il 5% ma non volendo scollare le terga dalle poltrone, che faranno? Ovvio, s’infileranno in qualche altro partito più grosso, e si faranno eleggere lo stesso; anzi – che dico eleggere? – nominare!

 All’interno dei partiti in cui s’infilano, saranno lo stesso elemento di instabilità e ricatto che esercitano tuttora. Non è fantapolitica: basta esaminare un poco quanto già succede ogni giorno nel PD. Ecco il difetto, ecco il cancro originario del sistema.

 È il principio del “senza vincolo di mandato”, proprio delle rappresentanze di modello liberale; di fatto operante anche nello Statuto Albertino (1848-1946) con il divieto di “mandato imperativo”, ma sancito esplicitamente dall’articolo 67 della vigente costituzione. Eletto “senza vincolo”, il rappresentante può tranquillamente zompare da un partito all’altro, o promettere una cosa e poi farne un’altra diversa o contraria. Ciò ha creato una classe di professionisti della politica, il cui unico timore è di non essere rieletti: ma è sufficiente metterli in lista, eccetera.

 L’assetto costituzionale del 1947, del resto, è palesemente proporzionale. La vigente carta venne scritta da una miriade di partiti: due grossi, DC e PCI; un PSI di un certo peso; e tanti PLI, PRI, PSDI eccetera, che in un sistema maggioritario non avrebbero mai eletto un amministratore di condominio; e invece per decenni ebbero ministri e assessori e potere.

 Per arrivare a questo effetto, occorreva un parlamento con due camere equivalenti e un assurdo totale di quasi mille deputati e senatori; e la carta lo previde, e dura tuttora. Di questi mille, almeno novecento sono illustri anonimi, e sconosciuti agli stessi elettori, e perciò non obbligati neanche di fatto a mantenere gli impegni assunti per farsi eleggere; e nessuno li controlla.

 Premesso che un sistema antropologicamente marcio non viene migliorato da alcuna riforma, e che nessun sistema marcio si è mai autoriformato (l’esempio classico, la tedesca Repubblica di Weimar); se dovessi io decidere una specie di costituzione,

  1. Eviterei come la peste il “cartismo”: niente di scritto; la Gran Bretagna ne fa a meno, e non ne sente affatto il desiderio!
  2. Farei eleggere i rappresentanti in forma rigorosamente maggioritaria;
  3. E una camera di non più di cento deputati;
  4. E un senato non politico;
  5. Entrambe le assemblee, riunite solo in una “dieta”: un giorno ogni quattro mesi.

 Tranquilli, il nostro correttissimo sistema continuerà, in latino maccheronico, tra porcelli, tedeschelli, italici e altri giochetti da fiera. E l’Italia resterà instabile come è dal 1943: da allora, credo siamo arrivati già oltre i settanta governi e governicchi.

Ulderico Nisticò


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