Lettera aperta a san Francesco di Paola


I Francesco e le Francesca calabresi dovrebbero portare il nome del santo di Paola, di cui oggi ricorre la festa. Ma anche i santi, nel corso dei secoli, hanno i loro alti e bassi, e temo che il nostro sia in basso.
Cominciò Ferdinando IV e III, quando, divenendo Ferdinando I delle Due Sicilie, scelse la data dell’8 dicembre 1816 per proclamare il Regno, e lo affidò all’Immacolata, già dal 1719 patrona della Sicilia e, qualche anno dopo, compatrona delle Spagne. San Francesco di Paola, che era patrono del Regno di Napoli, fu di fatto spodestato. Ferdinando II, poi, era devoto all’Assisiate, e chiamò il figlio Francesco d’Assisi. Diciamo solo che non finì bene!

Prima, i principi spagnoli e napoletani venivano battezzati con il nome di Francesco di Paola; e la devozione al Paolano era saldissima in Francia e in tutto l’orbe cattolico. In Germania si beve volentieri la birra Paulaner, ma forse manco sanno perché.
Oggi san Francesco di Paola è, se non altro, il patrono della Calabria. La Calabria, a parte una cerimonia annuale, non se ne ricorda proprio: non se ne ricordò nel 2007, anniversario del Dies Natalis al cielo; e nel 2016, anniversario della nascita terrena. Io, poveraccio, ci ho provato, ma fecero tutti finta di non saper leggere ed essere sordi e ciechi.

Ho sentito farfugliare che si preparano sfracelli e straordinarie cerimonie mondiali per il 2019, anniversario della santificazione: ma, a tutt’oggi, siamo a zero spaccato. A tutt’oggi, festa di san Francesco di Paola 2018, non si ha nessuna notizia di nessunissimo progetto da parte di nessuno.
Nel 2019, forse qualcuno dirà sporadicamente qualcosa; si terrà un convegno carbonaro, il solito piatto come una sogliola; e qualche raccomandato farà un noioso spettacolo teatrale ben pagato senza spettatori. Giornali e tv spacceranno il niente per il tutto. Alla fine del 2019, dovremo costatare che solo la Chiesa avrà fatto il da farsi, canonicamente.

Resteranno invece rigorosamente assenti:

– Le università e le scuole calabresi; ha scritto un bel libro il prof. Pino Caridi, che però insegna a Messina;
– La Giunta regionale di rimpastato Alto Profilo;
– Il Consiglio regionale, intento a contare il vitalizio;
– Le Province;
– Gli intellettuali piagnoni e furbastri.

Del resto, o nostro Santo, se la Calabria è ridotta all’ultima l’Europa, la colpa è di tutti, in terra, e forse anche Altrove. Possibile che tu, san Francesco di Paola, uomo, in vita, di animo sanguigno, non usi il tuo nodoso bastone contro eletti ed elettori, contro i burocrati dal sedere incollato alla sedia, contro gli antimafia segue cena, insomma, contro tutti quelli che, in un modo o nell’altro sono… no, siamo colpevoli. Siamo, per tutte le volte che anch’io ho votato per il “meno peggio” che poi era peggio del meno.

Facci un pensierino. La colpa di fondo è nella cultura ufficiale calabrese, che, a forza di temi in classe, identifica la poesia con la depressione e la religione con il bacchettonismo giansenista. Jansen pensano sia un calciatore straniero, però sono giansenisti lo stesso.
Figuratevi se un intellettuale calabrese sa contestualizzare san Francesco nel XV e XVI secolo; i suoi rapporti con il popolo e con i re e i papi; il suo carattere da genuino calabrese di una volta: tosto; la vita in Francia; i suoi compagni: lo strano Cadurio, l’eroico Picardo.

Per farmi capire, mi spiego. Nel 2013 sono stati proclamati santi gli 800 Martiri di Otranto del 1480, barbaramente uccisi dai Turchi per non aver rinnegato la Fede. La Calabria si era completamente scordata di Nicolò Picardo, l’amico di Francesco (“Cicco e Cola”), comandante della cavalleria del principe Alfonso, e caduto combattendo, ucciso “in odium Fidei”. Già Francesco, avuta una visione, lo aveva dichiarato Martire. Me ne sono ricordato io e a spese mie, ricavandone solo un trattamento sgarbato: non faccio nomi.
Secondo voi, con gente del genere si può festeggiare san Francesco di Paola? Bah, intanto, auguri a chi di competenza, e alla Calabria in genere, che ne ha tanto bisogno. E tu, san Francesco, aiutaci, però, ripeto, alla tua maniera.

Ulderico Nisticò


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