Lezioncina di storia: 28 ottobre 1922


La Marcia su Roma del 28 ottobre 1922 fu un atto di valore politico simbolico, a conclusione di un movimento culturale, ideologico e politico iniziato nel 1914 con l’interventismo, cresciuto nelle trincee, sviluppatosi consapevolmente dopo il 1919.

Ci sono antiche premesse, in una ribellione antiparlamentare, e sempre più antiliberale e antidemocratica, dal nazionalismo al futurismo; e in alcune componenti, non tutte, dell’interventismo. Sensazioni e pensieri variegati, vagamente unificati solo dal rifiuto della classe dirigente borghese liberale e borghese socialista; finché prevalse una minoranza decisa e organizzata, con un capo senza discussioni, Benito Mussolini.

Lo stesso era accaduto, nell’ottobre del 1918, in Russia, dove i movimenti e partiti socialdemocratici, politicamente confusi e male organizzati, erano stati spazzati via da una minoranza disciplinata e robusta, i bolscevichi di Lenin.

Nell’Italia vincitrice della guerra e che stava perdendo la pace, i governi “giolittiani” si mostravano debolissimi in politica estera, e incapaci di affrontare i problemi economici e sociali posti dalla smobilitazione dei soldati; senza dire che, in parlamento, cadevano come le foglie. La loro legittimità politica era quasi nulla.

Il Partito Socialista ottenne, nel 1919, la maggioranza relativa. La sua classe dirigente, composta di burocrati di carriera, non seppe né opporsi ai giolittiani né sperimentare un accordo; nel 1921 i socialisti meno confusionari attuarono la Scissione di Livorno, e diedero vita al Partito Comunista d’Italia, una forza numericamente modesta, ma che sarà la sola ad opporsi con una certa efficacia al Fascismo.
Per la prima volta si presentò alle elezioni il Partito Popolare di don Sturzo, con un certo successo; ma aveva il grave punto debole di essere sconfessato dalla Chiesa, che, nel 1929, firmerà con Mussolini i Patti Lateranensi.

I Fasci di combattimento, fondati il 23 marzo 1919 a piazza San Sepolcro a Milano (tenete a mente: saranno data e luogo eccellenti della mitologia del Ventennio), iniziarono la loro avventura con un desolante insuccesso elettorale; per recuperare subito dopo, e, nelle elezioni del 1921, ottenere 35 deputati come Partito Nazionale Fascista (PNF), dopo la fusione con i Nazionalisti.

La situazione sociale dell’Italia degenerava, con raffiche di scioperi e condizioni economiche di estrema difficoltà, che condussero all’occupazione delle fabbriche, senza alcun effetto né politico né sociale. Finché non accadde un fatto di enorme valore simbolico: gli operai della Dalmine occuparono sì la fabbrica, e non innalzarono la bandiera rossa, ma il tricolore. Fu l’inizio dell’abbandono del socialismo da parte di intere masse operaie, e persino di intere sezioni che andarono ad iscriversi ai Fasci.

Intanto d’Annunzio, in spregio di Francia, Stati Uniti e Giolitti, occupava Fiume, suscitando l’entusiasmo di tutto il nazionalismo italiano.
I governi liberali erano anche incapaci di mantenere l’ordine pubblico. Divamparono scontri violenti, e anche armati: per fare un solo esempio importante, gli Arditi del popolo, organizzazione militare comunista, difesero Parma contro Italo Balbo, e sia fascisti sia comunisti si comportarono come, due anni prima, avevano fatto in combattimento contro gli Austriaci! I più però furono episodi sporadici, non senza intervento di fatti privati in mezzo a quelli pubblici. Si conteranno da entrambe le parti un 400 morti.

Il PNF cresceva tra ex combattenti e borghesi, e, come abbiamo scritto, in gran numero tra gli operai. Crescita rapida e caotica, che aveva bisogno di strutturarsi. Fu il compito del segretario politico Michele Bianchi.
Nato anche lui il 1883 come Mussolini, era di Belmonte Calabro, e si era politicamente formato a Ferrara tra i socialisti; interventista e combattente, fu la mente politica; e la sua morte precoce privò il PNF di una tale lucida intelligenza. In Calabria gli si devono importanti lavori pubblici, e la scoperta della Sila come meta turistica: scoperta che mise in atto per i suoi amori, ma ne fece subito tutti partecipi.

Al Comitato Centrale tenutosi nell’estate del 1922 a Napoli, si scontrarono due linee, come sempre nelle “destre”: quella rivoluzionaria, e una che pareva una specie di Alleanza Nazionale 1995, cioè disponibile a ogni compromesso. Bianchi stroncò la proposta di quattro ministeri al PNF, e impose la scelta rivoluzionaria.

I Fasci si riunirono a Perugia, e, con organizzazione militare, marciarono su Roma, guidati dai quadrumviri Italo Balbo, Michele Bianchi, Emilio de Bono, Cesare de Vecchi. Il capo del governo, il liberale Facta, si scoprì improvvisamente ardimentoso, e voleva fermare i fascisti con l’esercito; ma Vittorio Emanuele III non firmò lo stato d’assedio.

Riflessione importante. Nel fascismo delle origini erano forti le tendenze repubblicane, mitigate poi dall’apporto dei nazionalisti, e dai buoni rapporti con la regina madre Margherita e con il duca d’Aosta, glorioso comandante della III armata. Il re aveva mantenuto, nel dopoguerra, un atteggiamento di corretta freddezza. Se avesse seguito il governo liberale, non era improbabile che l’esercito, o parte di esso, si rifiutasse di sparare ai fascisti per mantenere al potere l’insignificante Facta; e la crisi, da politica, poteva divenire dinastica, o persino istituzionale.

La Marcia si svolse senza quasi alcun incidente. Mussolini, giunto da Milan, venne incaricato di formare il governo, e ottenne una netta maggioranza di fascisti, liberali, popolari e altri; e di tutto il senato, incluso Croce. Governerà fino al 1943 con il consenso entusiastico di un terzo di italiani fascisti e il consenso logico di un terzo abbondante di italiani governativi, e un’opposizione latente e senza speranza; finché la sorti della guerra volsero al peggio, e il nemico, nell’estate, sbarcò in Sicilia.

La Marcia era divenuta intanto un mito, e il regime contò gli anni dal 28 ottobre. Oggi, per esempio, saremmo nel 2018 LXXXXVI; ma, per i suddetti motivi, non siamo. 23 marzo, 28 ottobre e 3 gennaio (1925, le leggi “fascistissime”) saranno date sacre; e a queste saranno intitolare tre delle quattro divisioni della Milizia.

I fondatori dei Fasci vennero chiamati sansepolcristi; i partecipanti alla Marcia, ebbero la “sciarpa littoria”: e temo che, come sempre in Italia, siano spuntate sciarpe di dubbia provenienza!
Così, per la storia, andarono i fatti dal 1914 al 1943. Se come ve li racconto io non vi piacciono, raccontateveli voi in qualche altro modo.

Ulderico Nisticò


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