L’ultima partenza di un Campione…


Nell’anno epico delle cronoscalate automobilistiche regionali, l’intero panorama nazionale perde uno dei suoi tasselli più importanti, un figlio della nostra terra, l’ultimo grande pilota della vecchia guardia. Malgrado ti sia richiesto, scrivere nelle ore successive alla dipartita di qualcuno non è mai facile, ancor più difficile appare se sei chiamato a farlo per un amico importante, per qualcuno che vivendo la propria passione all’ennesima potenza, ha tanto dato alla Calabria in lustro e onore. Nel caso di Domenico Scola poi, sono certo qualsiasi descrizione si cerchi di dare, appaia fuor di dubbio restrittiva e inadeguata per quanti hanno avuto modo di conoscerlo e di apprezzarne le sue gesta. Semplicemente era in quel mondo meraviglioso ed al contempo ad alto rischio delle gare in salita, un’istituzione. Platealmente riconosciuto come il Lupo della Sila per la profonda conoscenza di quei tornanti che si inerpicano fino al valico di Montescuro negli anni divenuti suo habitat naturale, non a caso non è azzardato definire la Coppa Sila una sua creatura, l’uomo comune, partito dalla terra bruzia è arrivato ad espugnare indossando tuta e casco praticamente tutte le cime nazionali da nord a sud. La notizia della morte seppur consci della sua malattia e dell’età, ci lascia sgomenti. Inutile dire che stante l’ambito riconoscimento della validità tricolore avremmo voluto averlo tra noi ai parchi partenza del Reventino e del Pollino quando sarebbe stato per le manifestazioni, un valore aggiunto. Avremmo voluto ci raccontasse tanto sulla rinascente Santo Stefano Gambarie. L’entourage tutto farà fatica ad abituarsi ad un’assenza eccellente, mancheranno le sue performances, i suoi intercalari in slang cosentino, la sua simpatia la sua indiscussa conoscenza di quella disciplina che noi tutti amiamo. A chiunque non abbia avuto modo di conoscerlo o anche solo di vederlo correre basti sapere che non vi è gara, da Tiriolo a Trento, dall’Etna a Popoli, dal Pollino a Gubbio, da Luzzi alla Valcamonica, dove non abbia portato alto il nome della nostra regione. Capostipite di quella dinastia che per anni ha rappresentato la Calabria dei motori nell’immaginario sportivo nazionale, deus ex machina nella carriera dell’omonimo nipote a parere dei più, suo unico degno erede, eterno sfrontato nemico di quel cronometro che nella vita gli ha scandito il tempo dalla nascita alla morte. A lasciarci senza parole oggi che il campione non è più tra noi, è il suo palmarès: Quasi sessant’anni di carriera agonistica, più di 90 assolute, oltre 500 vittorie di classe, cinque trofei della montagna ed un casco d’oro nel ’72 assegnatogli dal settimanale Autosprint. Sicuro riferimento per decine e decine di giovani piloti che per lui e con lui si sono avvicinati alle gare di montagna, idolo incontrastato di migliaia di appassionati che pur di assistere ad un suo ardimentoso passaggio o ad una sua staccata al limite, hanno a volte sopportato il sole cocente, a volte sfidato gelide correnti montane.In una sua intervista di qualche anno fa alla Rieti-Terminillo si vantava, a ragione, di aver visto crescere su quel tracciato gli alberi e di aver assistito al cambiamento d’aspetto delle rocce… credevamo in questa sua affermazione, alcune classiche sono nate e cresciute con mostri sacri come Domenico Scola e Mauro Nesti, con loro invecchiate e rimaste, oggi che i due campioni non ci sono più, a ricordarci la loro perizia, il loro coraggio, le loro eterne sfide. Tanto in queste ore sul Fenomeno di Cosenza è stato scritto da penne più accreditate della mia, altrettanto nel mio piccolo, attingendo allo scrigno dei ricordi personali, avrei potuto ma mi piace ricordarlo pensando al murales che lo ritrae su un tornante della Coppa Primavera della Mitica Amalfi-Agerola, sorridente accanto alla sua Sport prototipo…dalla linea dello start alle fotocellule dell’arrivo, ovunque la nostra voglia di corse ci porterà, comunque sarà sempre con noi.

Massimiliano Giorla


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