Non cancellate la Storia


Come molti già sapranno, dalla prossima Maturità è stato eliminato il tema di Storia dalla prima prova dell’Esame di Stato: quella di italiano. Le motivazioni addotte dal governo che ha approvato l’epurazione (che, bada bene, non è questo), sono talmente assurde che quasi mi viene da pensare che si tratti, in realtà, di una fake news. Perché è trapelato dalle stanze del potere che, siccome era un elaborato sempre meno scelto dai ragazzi che si approcciavano alle prove d’esame, si è ritenuto più conveniente non gravare i poveri fanciulli di una scelta sempre meno scelta.

Che la genialità sia propria solo di chi ha una lampada da strofinare per fare uscire un tizio che ti suggerisce come evitare di fare minchiate, è risaputo dalla notte dei tempi. Ma che la cultura in Italia venga decisa da coloro che dovrebbero apprendere (gli studenti) anziché da chi dovrebbe insegnare (a cascata, politici, ministri, dirigenti, presidi, professori), va oltre l’immaginario di storie da mille e una notte. Poi, signori, parliamo della Storia che personalmente ritengo una tra le materie più importanti del percorso di crescita di un giovane. Studiare la Storia è un modo per capire le vicende del passato, diventarne parte e soppesarne gli impatti sulla società attuale. Imparare il perché è scoppiata una guerra, si è mossa una crociata, si è scoperta una medicina, si è inventata una macchina, sono motivi che inducono la logica e la ragione a comprendere gli ingranaggi che hanno mosso le nostre società che, crescendo, sono arrivate ad oggi. Forse è banale dirlo, ma lo studio della storia, per chi è riuscita a comprenderla, per chi ha voluto comprenderla, permette di evitare di ripetere quegli errori che nel passato hanno ritardato la nostra evoluzione.

Anzi, paradossalmente, mi piacerebbe che ci fosse una prova scritta, obbligatoria, in cui i nostri ragazzi debbano, forzatamente, cimentarsi con argomenti del passato. Una prova che sia volta alla dimostrazione certa di essere stati capaci di aver inteso il senso degli eventi, i loro impatti sulle popolazioni di allora e di oggi e le conseguenze imprevedibili per il tempo, ma gestibili per il meglio con la conoscenza storica di oggi. Avremmo più ragazzi consapevoli che esiste la possibilità di sviluppare un senso critico che vive di raffronti e che crea opportunità già metabolizzate in un altro tempo.

Certo, se la politica italiana tratta l’istruzione come la ruota di scorta delle vicende che caratterizzano l’evoluzione culturale del nostro Paese, subordinandola alle politiche economiche di quei dicasteri che oramai sono i prìncipi dell’impalcatura che stratifica la nostra labile erudizione, allora la speranza che la mia utopia divenga realtà, è ben lontana dal potersi realizzare. Per dirne tre a ritroso, dalla Fedeli alla Gelmini per finire alla Moratti, sono state ministri fantoccio che avrebbero dovuto rivoluzionare il nostro sistema di istruzione, ma che hanno soltanto riformato il sistema burocratico senza quel valore aggiunto che l’ente che rappresentavano doveva necessariamente dare al nostro Paese. Semplicemente hanno preferito la forma alla sostanza. Quindi, eliminare il tema di storia non può che essere la logica conseguenza di questo degrado che è tutto italiano.

Confido – e li conosco – in tanti professori di Storia che amano la loro materia e che riescono meglio di chiunque altro a dare le giuste direttive per rendere migliori i nostri ragazzi. Che poi vuol dire che, se anche non fossero chiamati a fare un elaborato di storia durante l’esame di maturità, almeno saranno capaci di discernere quello che è bello apprendere per il semplice gusto di farlo e per una migliore comprensione dell’essere parte di questa realtà, da quello che è solo necessario per il proprio sostentamento. Così facendo, crescendo dei pensatori liberi, magari riusciremo ad evitare che un domani, se questi ragazzi si romperanno le scatole del tema di italiano nella sua espressione attuale, come prima prova all’esame i nostri politici possono pensare di introdurre una bella partita a tressette.

Gianni Ianni Palarchio (Blog)


Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *