Partitocrazia


Oggi, venerdì 27, non ho alcuna idea di come finirà la telenovella del governo. Forse ne faranno uno sommando x + y + z.
Dovete convincervene, amici lettori: l’assetto istituzionale italiano è partitocratico; lo divenne subito, di fatto, lo Statuto Albertino del 1848, lo è di fatto l’attuale Costituzione, anche se quello non nomina i partiti, e questa se ne ricorda solo incidentalmente. Ma poiché di fatto il potere è nella Camera, 1848, nelle Camere, 1948, il potere è nelle mani dei partiti; e poiché nessun partito ha il 51% né lo avrà mai, i partiti si devono accordare, inventandosi pretesti ideologici o pragmatici.

Attenzione: se un partito avesse il 51%, sarebbe lo stesso, giacché i partiti sono divisi in correnti, a volte più conflittuali all’interno che non siano i partiti all’esterno.
Anche gli altri Stati europei e americani, si dirà, hanno i partiti; sì, ma due, al massimo tre, con minoranze vivaci e fuori dal gioco. L’Italia è frantumata non solo in partiti ufficiali, ma in infinite opinioni contraddittorie; ed è affetta da ideologie articolate e complicate, mentre in Europa e USA le divergenze tra i due, massimo tre partiti sono nette, ma anche molto elementari. E un italiano stenta a capire in che cosa siano diversi, in USA, repubblicani e democratici, che pure si combattono con furia e con ogni mezzo legale e anche non.

Soluzioni non ne vedo, anche se cambiassimo assetti costituzionali e leggi elettorali. Se imponessimo lo sbarramento, diciamo al 4%, tutti i partitelli che si sentissero 3,9 finirebbero correnti di un altro più grande, moltiplicando la Babele.
Forse un modo per frenare il disastro sarebbe una Camera politica e una corporativa, in rappresentanza dei territori e delle categorie sociali.

La prima sarebbe inevitabilmente partitocratica (magari senza dirlo!), l’altra farebbe da freno, e dovrebbe rendere conto personale agli elettori. L’altra, è l’elezione diretta di un presidente, con ampi poteri, lasciando al Governo solo compiti strettamente esecutivi. L’altra, Camere che si riuniscano tre volte l’anno e votino solo il bilancio e leggi di carattere generale, lasciando le minutaglia al Governo.
Eccetera. Mi piacerebbe però leggere qualche altra opinione.

Ulderico Nisticò


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