Principi e polli


 Un pincopallino torinese si spaccia per “principe di Montenegro e Macedonia” e trova un mare di polli che, a pagamento, ci cascano. L’elenco è patetico, comprendendo non solo scemi del villaggio e mastri Gesualdi in cerca di essere don, ma gente che dovrebbe saper leggere e scrivere. E dovrebbe, ma non è così, conoscere un poco di storia.

 L’ultimo a portare il titolo di re di Macedonia fu Perseo, figlio di Filippo V, sconfitto a Pidna da Paolo Emilio… nel 168 a. C., qualcosa come 2185 anni fa. Da allora quel territorio fu romano, bizantino, turco, e così frantumato in etnie da dare il nome allo spezzatino di frutta; oggi c’è una piccola Repubblica di Macedonia; insomma, tutto tranne una qualsiasi monarchia di cui qualcuno possa essere re o principe o anche solo maggiordomo. Brutta l’ignoranza, vero?

 C’era invece un secolare Principato di Montenegro, semiautonomo dai Turchi e governato da una famiglia di vescovi, poi principi indipendenti; la casata era dei Petrovic, e non questi ignoti Cernetic di cui lo zaraffo si spacciava membro. Dicesi zaraffo, in calabrese, l’imbonitore da fiera; e che ha trovato dei polli, ma così polli: professoroni, alti ecclesiastici, politici..

 Ora, passi per la Macedonia: ma il Montenegro, questo è davvero ridicolo. Tutti dovrebbero sapere che Elena, moglie di Vittorio Emanuele III, e perciò dal 1900 al 1946 regina d’Italia, era figlia del principe Nicola, dal 1910 re. Annesso alla Iugoslavia nel 1918, nel 1941 il Montenegro fu occupato dall’Italia; ma non si trovò un sovrano tra i dispersi parenti Petrovic, e Vittorio Emanuele si oppose che regnasse Elena, e per la legge salica (“né donna né nato da donna”), e perché “in casa Savoia si regna uno alla volta”; o semplicemente perché credeva poco alla durata della situazione. Infatti, il Montenegro seguì le vicende del travagliato territorio: Iugoslavia di Tito, guerre, infine separazione dalla Serbia. Oggi c’è uno Stato, le cui coste sono discretamente presidiate dall’Italia a scanso di emigrazioni. A proposito, perché dal Montenegro no e dalla Libia sì, venite tutti? Un altro mistero degli immigrazionisti fanatici.

 Basterebbe comunque un minimo di conoscenza della storia, per non cascare nelle grinfie del “macedone montenegrino”. Ma mica solo lui. Vi ricordate Jasmine, ovvero Gelsomina Celammare, discendente niente di meno che da Federico II, la quale in quel di Lamezia ricevette mezza Calabria in cerca di titoli? Tra questi, uno che era ed è un degnissimo e onestissimo uomo e professionista e cittadino e qualsiasi altra cosa, ma sicuramente pessimo presidente della Regione (politicamente parlando, ovvio), che voleva essere conte di Calabria per mano di Gelsomina. Conservo religiosamente gli articoli di giornale con cui gli impartii una lezioncina di diritto feudale: a) ammesso che Gelsomina fosse discendente da chicchessia, discendente non significa erede; b) anche a voler ridere, uno non può essere contemporaneamente presidente repubblicano e conte monarchico. Ma, che volete, mastro Gesualdo, pur di diventare don…

 C’è pure chi va in giro a spacciarsi qualcosa del Principato di Soborga.

 Quando eravamo ragazzi, e neanche tanto ragazzi, abbiamo mandato avanti per decenni (nei ritagli di tempo) un gioco chiamato l’Araldica. Ognuno aveva corone (c’era anche un papa!), titoli, feudi, abbazie… un perfetto Medioevo; si parlava anche in italiano trecentesco. Ogni tanto scoppiavano una ribellione, guerra, risolte con sanguinose battaglie al tresette. Era una specie di “second live”, realtà virtuale con largo anticipo su internet. Quanto ai titoli e alle denominazioni dei regni e feudi, non ve li posso riferire, giacché erano di stampo goliardico.

 Ci siamo divertiti da matti, nei ritagli di tempo: vi giuro, però, non l’abbiamo mai presa sul serio, a differenza di una lista di polli al seguito di Jasmine e del principe di Macedonia con la panna.

 Ah, una chiosa: dov’è che Macedonia e Gelsomina hanno trovato i polli? Ma in Calabria, ovvio, dove più sono intellettuali più sono bambinoni ricchi di fantasia e poveri d’istruzione.

Ulderico Nisticò


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