Produrre la ricchezza. Chi? La politica.


Ebbene sì, sappiatelo: il denaro, soprattutto se è di carta, non è un bene in sé, ma rappresenta i beni: se io ho nelle mie stalle un “pecus”, bestiame, per non portarmi dietro pecore e buoi uso “pecunia”, cioè una rappresentazione metallica o cartacea dei miei animali. Ma se giro soldi “pecunia” a qualcuno, quello deve poter venire ad esigere il “pecus”. Se il “pecus” non c’è, questa è un’emissione di assegni a vuoto, una truffa.

L’Europa versa in una assurda crisi finanziaria dal 2007, senza che i dottissimi Prodi, Monti, Draghi eccetera, e i loro omologhi esteri, tutti plurilaureati, abbiano saputo trovare una soluzione se non giocando con la carta moneta; e mai chiedendosi se, in cambio della “pecunia”, ci fosse e ci sia il “pecus”.

E invece è proprio il bestiame che manca, oppure, nel disordine dell’economia, ci sono troppi montoni e poche pecore, o il contrario, tante pecore e nessun montone: insomma, il gregge non produce né agnelli né lana né latte; o non ne produce razionalmente. E se non c’è il gregge, o il gregge non funziona, la “pecunia” non rappresenta niente, non vale niente.

I problemi dell’Italia non sono dunque di “pecunia”, ma di “pecus”: non deve produrre euro, ma cose. Bene, ma quali cose?
Intanto, chi deve produrre? Beh, in Italia incontriamo alcune delle aree più ricche ed evolute del mondo, e, nella stessa Italia, la Calabria che è, ufficialmente, la terzultima d’Europa. È palese che, in tale condizioni, l’Italia, in quanto Italia, non produce adeguate ricchezze, e perciò queste non possono essere distribuite.

Cosa potrebbe produrre, invece, la Calabria? Facciamo un esempio: turismo di quattro e sei mesi, invece di due settimane d’agosto. Sei mesi significa strutture che lavorino, quindi dei lavoratori: lavoratori, non, alla calabrese, nove dirigenti e un operaio!!!

Né si lavora solo alla produzione di oggetti da vendere a singole persone; anzi, il miglior modo per promuovere lavoro sono gli interventi pubblici. Sì, ma non quelli alla Roosevelt, che faceva scavare buche da una squadra e ricoprirle dall’altra; lavori veri, come le bonifiche integrali dell’Italia di allora, e oggi le strade, le ferrovie, la necessarissima pulizia dei fiumi macchine di morte…

Ecco perché è sbagliata la politica del pareggio di bilancio a tutti i costi: come in Grecia, dove si è scoperto che, per il pareggio, i pompieri non avevano benzina per le autobotti; però hanno pareggiato il bilancio!
Torniamo alla domanda: chi deve produrre? Gli imprenditori, Liberamente, ma con l’indirizzo dello Stato. È la terza via tra il liberismo sfrenato e il fallimentare dirigismo o comunista o socialdemocratico.

L’Unione Sovietica è caduta anche perché dei burocrati di Mosca decidevano quali scarpe dovessero calzare gli abitanti di Vladivostok, a 4.000 km di distanza; e così fabbricavano scarpe nr. 44 per piedi 38!
Non è diverso il capitalismo assistito dell’Europa Unita, che ogni tanto decide la forma delle pompe di benzina valide in tutta l’Unione: perbacco, che aquile! Ma nessuno studia la realtà sociale, per informare i produttori di cosa ci sia bisogno, e quindi richiesta, e cosa non serva. Così siamo pieni di cellulari uno più ipertecnologico dell’altro, e siamo un popolo di parlanti al telefono; e poi ci mancano le strade, e i ponti crollano, non solo nella degradata Calabria, ma anche nell’avanzatissima Genova.

Insomma, c’è tanto da fare, e da cambiare radicalmente il modello di produzione e distribuzione dei beni. Se l’economia funzionerà sul serio, allora funzionerà anche la finanza, e potremo pensare a pareggiare il bilancio e roba simile. Cioè il “pecus”, esistendo davvero, genererà la “pecunia”.

Conclusione: chi deve decidere tutto ciò? Ma la politica! Gli economisti con dodici lauree devono fare quello che dice Platone dei tecnici: eseguire, non essendo le loro ottuse menti capaci di dubitare, e quindi di decidere.

Ulderico Nisticò


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