Relazione Dna: La ‘Ndrangheta è la più forte, presente in ruoli strategici


Un rapporto tra la ‘ndrangheta, esponenti di rilievo delle Istituzioni e professionisti, legati anche a organizzazioni massoniche e ai Servizi segreti, e di piena intraneità, al punto da poter giocare “un ruolo di assoluto primo piano nelle scelte strategiche dell’associazione”, facendo parte di quella che viene definita una “struttura riservata” di comando, la cui esistenza sarebbe stata tenuta nascosta a gran parte degli affiliati, anche di rango elevato.
È questo quanto si legge nella relazione annuale del 2016 stilata della Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo e presentata stamani a Roma alla presenza del procuratore Franco Roberti e della presidente della Commissione Antimafia, Rosy Bindi.

La relazione evidenzia inoltre che come componenti della cosiddetta “struttura”, sono stati tratti in arresto anche due avvocati, Giorgio De Stefano, con legami di sangue con l’omonima famiglia di ‘ndrangheta, e Paolo Romeo, Francesco Chirico, alto funzionario regionale in servizio per lunghi anni anche al Comune di Reggio Calabria; ma anche due esponenti politici di primo piano, Alberto Sarra, assessore regionale e Antonio Caridi, senatore della Repubblica ed ex assessore regionale e comunale, posizione, quest’ultima, in relazione alla quale è intervenuta, qualche giorno addietro, una pronuncia di “annullamento con rinvio” dell’ordinanza, con cui il Tribunale del Riesame aveva confermato il titolo cautelare.

Secondo il rapporto della Dna, un’attenta riflessione meriterebbe soprattutto la figura di Paolo Romeo, ritenuto il vero e proprio motore dell’associazione segreta emersa nel procedimento “Fata Morgana” e che si sarebbe delineata anche con le indagini “Reghion” e “Mammasantissima”.
Una struttura che, ribadisce la Direzione Antimafia, si sarebbe dimostrata capace di condizionare “l’agire delle istituzioni locali, finendo con il piegarle ai propri desiderata, convergenti, ovviamente, con gli interessi più generali della ‘ndrangheta”.

Romeo in diverse indagini viene indicato come appartenente al mondo massonico e, al contempo, ritenuto anche un uomo di vertice dell’associazione criminale – di cui sarebbe un “portatore di interessi” – nel mondo imprenditoriale e in quello politico, ruolo svolto con accanto dei personaggi che sono sostanzialmente gli stessi, quantomeno dal 2002, dunque da circa 15 anni, “senza dimenticare i suoi antichi e dunque ben solidi rapporti con la destra estrema ed eversiva, nel cui contesto – viene sottolineato nella relazione – verso la fine degli anni ‘70, ebbe modo di occuparsi della latitanza di Franco Freda, imputato a Catanzaro nel processo per la ‘strage di Piazza Fontana’, organizzandone anche – unitamente ad affiliati di peso della ‘ndrangheta, tra i quali Filippo Barreca – la fuga all’estero dopo avergli procurato una falsa identità”.

Questa struttura, apicale ma al contempo riservata, denominata “Santa”, sarebbe stata costituita per delineare le scelte strategiche dell’azione della ‘ndrangheta, quantomeno del mandamento di “Reggio città”, “scelte – si legge ancora nella relazione – via via concretizzatesi nell’individuazione dei settori economici in cui investire, dei rami della pubblica amministrazione in cui avere stabili punti di riferimento, dei territori su cui far realizzare opere pubbliche e, conseguentemente, dei comuni che avrebbero formalmente gestito di relativi appalti e, soprattutto, dei soggetti su cui convogliare i pacchetti di voti in occasione delle varie competizioni elettorali, dal livello comunale a quello Parlamentare, sia nazionale che europeo”.

Secondo il rapporto della Dna, dunque, si sarebbe di fronte a un complesso di emergenze significative, ancora di più che in passato, di una ‘ndrangheta presente in tutti i settori nevralgici della politica, dell’amministrazione pubblica e dell’economia, creando così le condizioni per un arricchimento non più e solo attraverso le tradizionali attività attività come il traffico internazionale di stupefacenti o le estorsioni, ma anche intercettando, attraverso prestanome o, comunque, imprenditori di riferimento, gli importanti flussi economici pubblici ad ogni livello: comunale, regionale, statale ed europeo.

“L’uso stabile e continuo del metodo corruttivo-collusivo da parte delle associazioni mafiose – viene sottolineato – determina di fatto l’acquisizione (ma forse sarebbe meglio dire l’acquisto) in capo alle mafie stesse dei poteri dell’Autorità Pubblica che governa il settore amministrativo ed economico che viene infiltrato”.
Con l’utilizzazione di questo metodo, insomma, le mafie “si avvalgono sempre della forza d’intimidazione e dell’assoggettamento ma, in questo caso, per ottenere il risultato, non usano direttamente la propria forza, ma – con risultati analoghi (e cioè, si ripete, generando un totale assoggettamento) di quella di altri e cioè dei Pubblici Ufficiali a busta paga. Ed è evidente che ciò non abbia cambiato l’essenza del fenomeno”.

Un’altra riflessione, definita “amara”, è poi quella relativa al fatto che l’azione investigativa avrebbe confermato come la ‘ndrangheta calabrese continui a dimostrare una grande capacità “di rendere funzionale al raggiungimento dei propri obiettivi di radicamento capillare sul territorio e di controllo di tutte le attività economiche”, il bisogno di lavoro che attanaglia gran parte delle famiglie calabresi, soprattutto i giovani.

Dalle indagini emergerebbe poi la diffusa presenza dell’organizzazione in quasi tutte le regioni italiane oltre che all’estero, non solo in Europa quanto anche negli Stati Uniti, Canada o in Australia. Soprattutto nel Centro America continuano infatti ad essere sempre più solidi i rapporti con le organizzazioni criminali locali, soprattutto nella gestione del traffico internazionale di droga, principalmente cocaina: un affare criminale in cui la ‘ndrangheta mantiene sempre una posizione di assoluta supremazia in tutta Europa.
Nella relazione, si fa anche riferimento alla presenza della ‘ndrangheta nel nord Italia definita “notevolmente diffusa” ma che, viene specificato, “non presenta, però, ovunque le stesse caratteristiche, dovendosi parlare, in alcuni casi, di un vero e proprio radicamento con l’insediamento di stabili strutture operative, in altri, di territori di riciclaggio e reimpiego dei profitti illeciti”.


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