Repubblica Ceca: avanti un altro populista


A Soverato, dove un tempo si sapeva essere spiritosi, correva questa battuta, che, tradotta per i forestieri, recita così: “Quelli che le hanno suonate, ma noi gliene abbiamo dette… ”. Così reagisce l’ambiente politicamente corretto, o quel poco che ne rimane, ogni volta che il popolo, recandosi liberamente a votare, vota contro le loro dotte e sagge intimazioni.
La materia del contendere più evidente, ma non l’essenziale, è che i Paesi di antica e solida tradizione cattolica dell’Europa danubiana e carpatica non intendono ricevere ondate di presunti profughi; e perché sono musulmani; e soprattutto perché i profughi non hanno minimamente la faccia dei profughi, ma sono quasi tutti maschi e in ottima salute e seduti, cellulare in mano, sulle panchine: vedi Soverato.

Ma è solo il pretesto ideologico, o ideale; la verità è che tutto il continente è pervaso da un generale rigetto dell’Europa in quanto istituzione, di cui tutti – chi scrive in testa – pensiamo sia un’accolita di pallidi burocrati senza non solo moti morali e sacrali, ma nemmeno la capacità di fare i pallidi burocrati ma almeno in modo decente.
Tutti riconosciamo che l’Europa ha apportato alcuni piccoli vantaggi; ma nessuno ritiene che questi piccoli vantaggi abbiano meritato il prezzo altissimo che stiamo pagando.
Lo stesso per l’euro. Io non sono contro la moneta unica – le monete sono solo strumenti, non beni in sé – ma continuo a ritenere criminale che Prodi abbia pagato un euro la folle somma di 1936,27 lire; e che nessuno, né Prodi né Berlusconi, abbiano arrestato il commerciante che, il giorno dopo, mise la roba a un euro, ovvero 1936,27, quando prima costava mille lire, ovvero euro 0,52. Le chiacchiere sono chiacchiere, i numeri sono numeri.

Al posto della classe dirigente attuale – burocrati, politicanti, intellettualoni, ecclesiastici – mi interrogherei se non sto sbagliando tutto, invece di prendere come unica contromisura l’invettiva come in Bocca di rosa. A titolo personale, vi lascio immaginare quanto poco mi farebbe il solletico, se qualcuno mi ingiuriasse populista!
Ora è il turno della Repubblica Ceca. Ognuno sa dov’è Praga, ma scommetto che non tutti sanno dove sia la Repubblica Ceca di cui Praga è capitale. Un po’ di storia, senza prenderla alla lontana.
Nel 1867, quando si fece quello che per brevità chiamiamo Impero austro-ungarico, il Regno d’Ungheria comprendeva anche l’attuale Slovacchia; mentre quella che allora si chiamava Boemia restava all’Austria. Nel 1918, crollati gli Asburgo, nacque in modo molto frettoloso e improvvisato una Cecoslovacchia, che subito si rivelò un mostro etnico: 3 milioni di Ceci e Moravi, 2 di Slovacchi, 1 di Ungheresi, varie minoranze ucraine e polacche, e 3,5 milioni di Tedeschi dei Sudeti. Questi insorsero, vennero repressi con l’aiuto di truppe francesi, e si ritennero minoranza straniera, non partecipando alla vita, del resto grama, del nuovo Stato; finchè, alle elezioni del 1935, divennero il partito di maggioranza relativa! Un bel disastro, vero?

Nel 1938, i Tedeschi dei Sudeti si agitarono, rivolgendosi al Reich. Mussolini prese l’iniziativa di un Convegno di Monaco, dove egli e Hitler, il francese Deladier e il britannico Chamberlain decisero per l’unica cosa ovvia, il passaggio dei Sudeti alla Germania. Si evitò così la guerra: a titolo personale, vi sussurro che sarebbe stato meglio farla allora e vincerla! Ma Mussolini seguiva il suo principio che “turbare la pace d’Europa significa far crollare l’Europa”, come in effetti nel 1945 fu!
Ma insorse la Slovacchia, da sempre avversa ai politici di Praga. Questi, deboli con i forti e forti con i deboli, tentarono la repressione (eh, se Rajoy studiasse la storia!); la Slovacchia scese in armi, anche se non fu sparato un colpo, e chiese l’aiuto della Germania. Risultato, quel che restava della Boemia venne annesso al Reich come Protettorato, e la Slovacchia divenne uno Stato, sotto la guida di monsignor Tiso.

Nel 1945, l’URSS, occupando il territorio, rimise in piedi una Cecoslovacchia comunista, adoperando come “utili idioti” gli stessi politicanti del 1938. Un timido esperimento di “comunismo dal volto umano” con un tale Dubcek venne represso dai carri armati russi, senza, come al solito, alcuna opposizione. Eh, ragazzi, mica è Budapest! Il cosiddetto Occidente, come al solito, fece finta di non esserci.

Spariti comunismo e URSS, una bella mattina del 1992 la Cecoslovacchia si separò senza battere ciglio e senza sussulti né interni né internazionali. Era nata male nel 1918, era vissuta male fino al 1938, era rinata male nel 1945, e non c’era motivo che stesse assieme: come insegna il Vico, natura delle cose è il loro nascimento. Ora entrambe la Slovacchia e Repubblica Ceca fanno parte dell’Europa, e, come dicono le elezioni recenti, ne patiscono i danni e si giovano dei piccoli vantaggi.

Ulderico Nisticò 


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