Salvatore Mongiardo a Bologna spiega il perché sono assai importanti Pitagora e la Magna Grecia per il mondo di oggi


Caro Tito, il nostro comune amico Salvatore Mongiardo, filosofo e scolarca della Nuova Scuola Pitagorica di Crotone, non si risparmia (ormai da decenni) in estenuanti viaggi e sempre affollati incontri e conferenze per diffondere e valorizzare ovunque sia possibile i valori provenienti dalla “Prima Italia” quale fu il territorio dell’odierna Calabria fin dal 1500 circa avanti Cristo, ovvero dal regno di Italo.

 Questa volta lo ricorderà a Bologna nell’incontro di sabato prossimo 7 novembre 2017, promosso dal Cenacolo Bolognese di Cultura e Società. Ti unisco il testo di questa importante conferenza.

Grazie e Cordialità, Domenico Lanciano 

 Il lascito di Pitagora e della Magna Grecia come proposta per il mondo di oggi

bologna-le-due-torri1. La Prima Italia nacque nel territorio compreso tra i golfi di Squillace e Lamezia e si allargò fino a comprendere l’attuale Calabria. Magna Grecia fu chiamato il territorio di quell’Italia e delle colonie in esso fondate dai greci sulle rive dello Jonio. Il territorio della Prima Italia, così come quello della Magna Grecia, coincide con la Calabria, che geologicamente è l’ultima terra emersa della penisola italiana. Geograficamente la Calabria è composta di tre massicci: Sila, Serre e Aspromonte, con foreste e crete lungo le marine che favorirono la coltura del grano. Inoltre, lo zefiro, il vento di ponente che soffia nella Gola di Marcellinara da Lamezia verso Squillace, favoriva, come favorisce ancora oggi,la fruttificazione tutto l’anno. Era una terra speciale ben conosciuta dai greci prima ancora che iniziassero la colonizzazione: lo attesta Omero nell’Odissea con la descrizione della reggia di Alcinoo, re dei Feaci, dove le ancelle macinavano il biondo grano e sugli alberi del suo giardino… mentre un frutto spunta, l’altro matura.

2. Il Prof. Armin Wolf dell’Università di Francoforte ha scoperto che Scherìa, la terra erroneamente tradotta come isola dei Feaci, era proprio l’istmo tra Squillace e Lamezia,che Aristotele affermò abitato dagli itali. Questi erano il popolo degli enotri, produttori di vino, che Italo convertì dall’allevamento degli animali all’agricoltura, e diede loro il suo nome. Parliamo di un’epoca intorno al 2000 a. C.

3. La Prima Italia si era sviluppata in controtendenza rispetto al Nord Europa e al Medio Oriente, dove i popoli allevatori di bestiame soppiantarono le antiche civiltà agricole imponendo il dominio dei pastori guerrieri. Così fecero gli sciti, allevatori di cavalli nel territorio dell’attuale Ucraina, e gli ebrei, allevatori di pecore nella Mezzaluna Fertile. Questa lotta tra pastori eagricoltori è rappresentata nella Bibbia dal fratricidio tra Caino e Abele.

4. Per capirci meglio, nello stesso periodo che re Italo istituiva i sissizi per dividere paritariamente il grano raccolto tra gli itali, il pastore Abramo alzava il coltello per uccidere suo figlio, che era Isacco per gli ebrei e Ismaele per gli arabi, i quali continuano a celebrare ogni anno la festa del Capro o Sacrificio.

5. La coltura del grano è per sua natura inclusiva, comunitaria e amichevole. E’ un lavoro che non richiedeva una particolare perizia, e tutti potevano collaborare, anche i diversamente abili, gli zoppi e i guerci perché c’era bisogno di molta manodopera nella mietitura e molitura. Alla fine del lavoro, ogni chicco di grano era uguale all’altro e ogni pane era uguale all’altro.

Non era così per l’allevamento animale, che richiedeva l’uccisione con la fuoriuscita del sangue. Le parti dell’animale,poi, andavano da pregiate, come la coscia, a vili come le ossa e le interiora. Era privilegio del padrone o del cacciatore scegliersi le parti migliori.

L’insidia della violenza, contenuta nell’allevamento e sgozzamento degli animali, fu ben capita da Giordano Bruno, che la rilevò in maniera paradossale con quest’espressione: Ben fece Caino agricoltore a uccidere il massacrator di animali Abele!

Prima di Giordano Bruno, Cristo aveva parlato del Buon Pastore, un pastore che non uccide, non mangia e non vende le pecore, ma vive semplicemente in loro compagnia.

6. Per i greci di allora,l’Italia era un eldorado irresistibile anche a causa della bellezza delle donne italiche, tanto che il grande pittore Zeusi prese per modello della bellissima Elena cinque donne di Crotone.

7. I coloni greci, tutti maschi perché dovevano remare, lasciavano la Grecia in cerca di libertà e belle donne e sposavano le italiche del posto. I loro figli furono chiamati italioti, termine che solo in seguito sotto i romani ebbe significato dispregiativo.

8. Nella Prima Italia le donne e gli uomini erano liberi perché non c’era la schiavitù. Lo descrive bene il famoso Dialogo di Platone, Timeo, dal nome del filosofo di Locri che Socrate esortò con queste parole:

O Timeo, tu che vieni da Locri dalle ottime leggi, dicci com’è nato il mondo…

Le ottime leggi di Locri,cui si riferiva Socrate, erano le famose Tavole di Zaleuco, che stabilivano testualmente:

Ai Locresi non è consentito possedere né schiavi né schiave.

Quelle Tavole imponevano ai coloni greci di Locri quella libertà che gli itali praticavano spontaneamente nel territorio circostante.

9. E’ da notare che allora a Locri c’erano anche altre conoscenze che sarebbero diventate note all’umanità solo venticinque secoli più tardi grazie a Einstein. Difatti Timeo, alla presenza di Socrate, Crizia e Platone, afferma l’unità inscindibile di tempo e spazio con queste parole:

Dunque, il tempo fu prodotto insieme con il cielo, affinché, così com’erano nati insieme, si dissolvessero anche insieme, se mai dovesse avvenire una loro dissoluzione.

10. I coloni greci avevano tutti uguali diritti basati sul lotto di terreno avuto per sorteggio al momento della fondazione della colonia. Nacquero così tra Locri e Crotone tre istituti civili che resistono ancora oggi: la democrazia,cioè le libere assemblee dei cittadini; le leggi scritte: quelle di Locri furono le prime in occidente;e i tribunali stabili. Quelle tre istituzioni passarono dalle colonie greche dell’Italia alla Grecia e poi a tutto il mondo.

In quello scenario, intorno al 532 a. C., sbarcò a Crotone Pitagora, all’età di una cinquantina d’anni. Egli era già stato a Crotone da bambino col padre, venuto a vendere sigilli per anelli. Il bimbo era rimasto colpito dallo spirito di amicizia e vita comunitaria che vigeva tra gli Itali, e possiamo immaginare che vide un Bue di Pane, che si faceva col primo grano raccolto per ringraziare l’animale che aveva tirato l’aratro.

11. Dopo i lunghi viaggi e le vicissitudini in Grecia, Siria, Libano, Israele, Egitto e Mesopotamia, Pitagora tornò in Italia, dove aveva intravisto un modello di vita che meglio corrispondeva alle sue analisi e ricerche. Egli adottò quel modello e diede così coscienza alle colonie greche e agli itali stessi del suo valore. Così si spiega l’entusiasmo delle donne di Crotone, discendenti delle italiche,che crearono per lui un’associazione.

La diffusione dell’insegnamento pitagorico fu veloce e acquistò molta considerazione e rispetto al punto che le colonie d’Italia furono chiamate Grande o Magna Grecia, Megale Ellas, per due ragioni. Lo spiega testualmente il filosofo Porfirio, quello che scrisse le Enneadi di Plotino, uno dei grandi libri dell’umanità. Laprima ragione era la vita irreprensibile che i pitagorici conducevano, e la seconda ragione era l’altezza della loro speculazione filosofica. La ricchezza delle colonie, i Bronzi di Riace e i monumenti non c’entrano col termine Magna Grecia, della quale il fondatore fu Pitagora e Crotone la capitale. La Magna Grecia ebbe, dunque, l’Italia per madre e Pitagora per padre.

12. Il Pentalogo Pitagorico è una dizione da me creata per spiegare la dottrina pitagorica riassunta in cinque principi etici o regole di comportamento: libertà, amicizia, comunità di vita e di beni, dignità della donna e pane. Pitagora li pose a fondamento della sua Scuola a Crotone, alla quale erano ammessi uomini e donne. La stella pentagonale a cinque punte, Igea, la salute, riassume simbolicamente quei cinque principi.

bologna-due-torri13. La reazione della classe dominante a Crotone fu violenta e scoppiò la rivolta antipitagorica di Cilone con l’uccisione di molti pitagorici e la dispersione dei superstiti nel Mediterraneo. Del resto l’agire di Pitagora sovvertiva l’ordine delle colonie greche. Difatti, egli faceva fare alle figlie e alla moglie Teano le offerte di pane e fiori agli Dei, mentre a pochi passi da casa sua s’immolavano giornalmente animali nel Tempio di Hera Lacinia, atto dovuto dalla polis in onore delle divinità protettrici. Inoltre promuoveva la liberazione degli schiavi, mentre a Sibari, come in tutta la Grecia, la schiavitù era la forza principale di lavoro. E praticava la comunità di vita e di beni alla maniera italica, mentre le colonie erano saldamente in mano ai maggiorenti.

14. Avvenne così la sua cacciata e fuga a Metaponto, dove morì intorno al 490 a. C. per rifiuto del cibo, non sappiamo se per malattia o volontà di morire. La riapertura della Scuola di Crotone avvenne circa cinquant’anni dopo, intorno al 440 a. C,per opera di Pericle. Platone stesso venne alla riaperta Scuola per influsso di sua madre Perictione, filosofa pitagorica, vi rimane sette anni e acquistò i libri dei pitagorici che avevano scritto la dottrina del maestro.

15. Il pitagorismo si diffuse tra le classi colte a Roma, Taranto, Siracusa, Agrigento, Tebe, Atene e tra gli ebrei di Israele, gli Esseni, e gli ebrei di Alessandria d’Egitto, i Terapeuti. Questi si distinguevano dagli Esseni perché ammettevano le donne che gli Esseni invece escludevano. Queste due comunità trasmisero a Gesù la dottrina pitagorica: l’identità sostanziale tra la dottrina di Gesù e il Pentalogo Pitagorico è una scoperta contenuta nel mio libro Cristo ritorna da Crotone.

L’impero di Roma fu così dissodato,a oriente e occidente,dalla dottrina pitagorica che preparò per cinque secoli il terreno alla predicazione del cristianesimo. Molti si chiedono con stupore come mai dodici pescatori ignoranti, gli apostoli appunto, abbiano conquistato il mondo con la loro predicazione. In realtà essi trasmettevano una dottrina appresa da Gesù e già finemente elaborata dai pitagorici.

16. L’invasione e la distruzione della Magna Grecia furono compiute dal partito antipitagorico nelle polis greche e poi da sedici eserciti stranieri. Cominciò Alessandro il Molosso d’Epiro; poi Pirro; Annibale; i Romani; Alarico re dei Goti; i Longobardi; gli Arabi; i Bizantini; i Normanni; gli Svevi, gli Angioini; gli Aragonesi; gli Spagnoli; i Borboni; i Francesi e alla fine i Piemontesi. E’ da notare,però, che mentre la Magna Grecia veniva ripetutamente devastata, il termine Italia si espandeva dal territorio iniziale a tutta la penisola, fino a raggiungere il Rubicone ai tempi di Cesare, e poi fino alle Alpi. Nonostante tutte le devastazioni, i valori italici, tra cui il Sissizio e il Bue di Pane,sono sopravvissuti tra le popolazioni della Calabria fin quando noi non li abbiamo recentemente riscoperti.

17. Il Pentalogo Pitagorico serve anche come strumento di analisi per capire i rivolgimenti della storia mondiale, rivolgimenti che la storia ufficiale stenta a spiegare. Vediamone alcuni esempi.

18. Il primo principio: la libertà (Eleutherìa). Essa non era ammessa per gli schiavi nell’antica Roma, e il sacco di Roma del 410 con Alarico fu imposto dai quarantamila schiavi fuggitivi di Roma che obbligarono Alarico a unirsi a loro perché volevano vendicarsi dei loro padroni.

La Rivoluzione Francese, poi, per abbattere il feudalesimo dovette ricorrere alla ghigliottina per eliminare la classe dei nobili.

Il problema del Sud Italia fu creato dai normanni mandati dal papa dopo l’anno Mille per scacciare gli arabi. I normanni però imposero nel Meridione la servitù della gleba al popolo che aveva inventato la libertà. Il risultato fu quello previsto da Platone:

Togli a un popolo la libertà e prevarranno criminalità e degrado.

19. Il secondo principio: l’amicizia (Filìa). Essa fu sistematicamente violata con la lotta di classe e la dittatura del proletariato nei regimi del comunismo reale, e i morti si contano in centinaia di milioni. Per Pitagora le classi sociali erano semplicemente inconcepibili perché l’amico è un altro te stesso.

20. Il terzo principio: la comunità di vita e di beni (Koinonìa), praticata dai pitagorici e dai primi cristiani, eliminava la solitudine del vivere e azzerava la competizione. Pitagora vietava la competizione perché la vittoria sporcava l’individuo separandolo dagli altri e rendendolo oggetto d’invidia. La comunità dei beni aboliva perfino il concetto stesso di tuo e mio.

21. Il quarto principio: la dignità della donna (Gine), derivava dalla constatazione che ogni madre faceva sempre parti uguali tra figli e figlie. Perciò Pitagora riteneva la donna più vicina del maschio alla divinità e più degna di fare offerte agli Dei.

Questo principio spiega l’instabilità e il travaglio dell’Islam, che non troverà mai pace finché la donna islamica liberata non lo pacificherà dall’interno.

Pitagora fu anche l’unico maestro a riconoscere la sessualità come grande dono che bisognava praticare con la massima cura e delicatezza per godere appieno dell’unione tra maschio e femmina. Diceva sua moglie Teano: La donna deve togliere il pudore assieme alla tunica e rimetterlo quando rimette la tunica, ma nell’unione col suo uomo deve lasciarsi andare senza vergogna.

22. Il quinto principio: pane (Artos). Sembra un optional e invece è il comportamento alimentare base dettato dalla pietas, cioè dall’amore fattivo:Se non osi uccidere l’animale, mai ucciderai un uomo. La pace nasce dal rispetto della vita dell’animale. Il regime alimentare pitagorico escludeva carne e pesce, animali che avevano in comune con l’uomo lo spirito di vita. Se Pitagora arrivasse oggi a Bologna e vedesse la mortadella, scapperebbe via come faceva a Crotone alla vista di cacciatori e macellai.

L’offerta del Bue di Pane agli Dei, fatta da Pitagora quando scoprì il suo famoso teorema, indica che i principi etici da lui scoperti sono regole oggettive e immutabili come le regole matematiche. Sono insomma regole che prescindono dalle intenzioni individuali: se io mi butto dalla finestra o se altri mi buttano, il risultato è identico. Egli usò matematica e geometria per dimostrare la validità eterna dei principi etici. Per esempio, il numero otto indicava la giustizia, intesa come parti uguali, perché il numero otto diviso per due, e i risultati successivi divisi per due, davano sempre numeri interi: quattro, due, uno. Per questo motivo le cupole delle chiese rinascimentali poggiano su un tamburo di forma ottagonale: la forma perfetta, il rotondo, poggia sulla giustizia.

Volendo,il Teorema di Pitagora e l’offerta del Bue di Pane potrebbero essere enunciati assieme così:

Il quadrato costruito sull’ipotenusa del triangolo rettangolo è sempre uguale alla somma dei due quadrati costruiti sui cateti, così come la violenza che l’uomo dà all’animale si ritorce sempre contro di lui.

Una terribile prova storica della corretta analisi di Pitagora è la tragedia dell’olocausto degli ebrei, abituati a offrire mattina e sera l’olocausto nel Tempio di Gerusalemme. Alla fine essi stessi furono fatti olocausto dai nazisti,ai quali non si opposero perché intimamente convinti dalla loro religione che l’essere vittima era segno di predilezione divina. Questa insidia pericolosa era chiara a Gesù, che liberò gli animali destinati al sacrificio del Tempio e pianse prevedendo la distruzione di Gerusalemme.

23. Noi della Nuova Scuola Pitagorica abbiamo avuto la fortuna di riscoprire il modello etico pitagorico scavando nelle rovine della nostra terra. Esso ci sembra necessario per unire l’umanità divisa in lotte fratricide. Questo modello presenta tre grandi vantaggi e cioè:

24. Prescinde dalle religioni, che da millenni predicano la pace a parole. Le religioni storicamente sono state incapaci a imbrigliare la violenza, che spesso invece hanno favorito con le guerre di religione.

25. Rifiuta i regimi politici furbeschi perché è un modello di comportamento al quale tutti, politici e semplici cittadini, dovrebbero adeguarsi. Le regole del buon vivere sono identiche per la persona come per la società.

26. Elimina la depressione, malessere che imperversa in ogni parte del mondo, perché ci aggancia alla vita eterna, che non è quella dopo la morte, ma la coscienza di una vita vissuta secondo regole immutabili, capaci di dare all’individuo serenità matematica.

27. Questo modello è anche un forte richiamo verso l’Italia come patria interiore e approdo per arabi, bianchi, neri, anglosassoni, cinesi, americani, polinesiani, indiani, uomini, donne e animali. Proprio come disse l’esule Enea mentre abbandonava Didone: Italiam non sponte quaero, io non cerco l’Italia di mia spontanea volontà, l’Italia è il mio destino.

bologna-piazza-maggiore-italy28. La stella o stellone d’Italia a cinque punte fu voluto dai padri costituenti come simbolo della Repubblica Italiana con esplicito richiamo alla Magna Grecia. Gli avvenimenti storici hanno degradato la stella pitagorica a stella di latta degli sceriffi nei film western, a stelletta militare di molti eserciti, a stella dei brigatisti, a stella rossa color sangue in Russia, Cina e altrove. Quel sangue e quella violenza aspettano da noi una redenzione che può avvenire solo con la comprensione delle cause degli orrori commessi.

29. Abbiamo dato a questo incontro il titolo di lascito della Magna Grecia, ma meglio sarebbe parlare di Rinascita della Magna Grecia, l’evento che a luglio 2017 abbiamo solennizzato con la regata in kajak di Francesco Mazzacoco, partito da Taranto verso Crotone, e Vanessa Cardamone, da Reggio a Crotone. In una settimana abbiamo incontrato tanti nuovi amici che non credevano ai propri occhi nel vedere una donna approdare solitaria. E non credevano alle proprie orecchie sentendo me parlare di Magna Grecia, che rinasceva dove duemila anni prima era nata.

30. Il Bue di Pane,grazie al vostro storico invito, è arrivato a Bologna richiamato anche da un grande italiano, Giosuè Carducci, che qui visse, insegnò e morì. Carducci, con la sua grande poesia si era collegato al sentimento degli itali e aveva capito la profonda sintonia dell’animale con l’uomo. Perciò lo chiamò Pio Bove, pio da pietas, cioè santo, perché santo è il sentire e patire insieme, come santo è mangiare insieme nella serenità del sissizio:

T’amo pio bove; e mite un sentimento

Di vigore e di pace al cor m’infondi,

O che solenne come un monumento

Tu guardi i campi liberi e fecondi,

O che al giogo inchinandoti contento

L’agil opra de l’uom grave secondi…

Adesso spezziamo e mangiamoil Bue di Pane come augurio per la fine di ogni violenza. Ringraziamo tutti voi per la vostra presenza, specialmente il Prof. Filippo Frontera e tutto il Cenacolo Bolognese di Cultura e Società per l’invito e l’accoglienza calorosa.

Un ringraziamento ad Anna Mongiardo che ha preparato il Bue di Pane. Sempre uniti col cuore, ci lasciamo col quel saluto che echeggiava in Magna Grecia e significava evviva: Evoè!

Salvatore Mongiardo (http://www.costajonicaweb.it)


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