Socialità, ma non a Soverato


soverato_notte3Mi è molto piaciuta la scenografia che ha restituito vita al borgo di Davoli; dicono tutti che è stato molto bello il Presepe vivente di Gasperina; nella media, buono quello di S. Andrea; vivaci e partecipati i mercatini di S. Sostene…
A Soverato… E lo so che una comunità non si giudica solo, e nemmeno soprattutto dalle manifestazioni; e so anche che Soverato versa in cattive acque finanziarie. Ma cosa ha a che vedere ciò con la definitiva scomparsa dei quartieri, che almeno una volta s’inventavano i presepi fissi, ed erano una simpatica attrattiva? Fermi: Bonporto ha illuminato, il Corvo ha volenterosamente rappresentato; c’è stato un breve presepe vivente a Soverato Superiore; e una serata dello sport. Aggiungiamo il coro il Mosaico, sempre pregevole; e la Casetta dei bimbi: ed è tutto, cioè molto poco, per essere Soverato.
Inutile attribuire responsabilità a Questo invece che a Quello; e prendersela con Sempronio e Caio sarebbe anche trovare un capro espiatorio e per esso assolvere gli altri; quando la responsabilità è di tutti, è un profondo e poco allegro fenomeno sociologico.
Qui il problema non è se l’amministrazione, se i quartieri, se Tizio o Mevio… è che si avverte, in Soverato, una sorta di dissoluzione della socialità, dello stare assieme, del cercarsi l’un l’altro, di ciò che dovunque costituisce la socialità. È la socialità che viene meno, in Soverato: sprangato il cinema; tristemente chiuso il teatro, come un signore impoverito che spera risollevarsi con un superenalotto fortunato che non arriva.
Non nominiamo nemmeno la politica, una categoria dello spirito che a Soverato fu assai fiorente; e che è in atto una malinconica memoria della mia generazione.
Insomma, scollamento, frantumazione della comunità. Se qualcuno pone il problema, ti rispondono che è vero, e che sul corso non c’è anima, eccetera; se una affacci una soluzione, ti sfuggono subito dalle mani. Se proponi ufficialmente e concretamente un’iniziativa, al massimo ti rivolgono qualche risposta vaga che significa non se ne fa niente: tanto, c’è il superenalotto.
A proposito, quand’è che “finalmente avremo la cultura a Soverato”? Così, tanto per chiarire che la colpa è circolare, non escluso nessuno.
Non ci sono soldi? Boh, non credo che altrove nuotino tra carte di 100 €. E ne abbiamo fatte di belle cose, in passato, con modestissime cifre; cifre, s’intende, di pure spese…
Se ne potrebbero, ancora, se la gente si scuotesse dal torpore e recuperasse il divino piacere del far le cose solo per il purissimo piacere, e perciò con gusto, con entusiasmo, ridendoci sopra…

Ulderico Nisticò


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