Soverato – Humanity. Tra realtà e sogno


Spettacolo di fine anno della scuola di danza Exedra

Neanche un posto rimasto libero. Solito brusio di sottofondo. Soliti ritardatari che corrono senza capire bene dove stiano andando. Solito vento tipico delle serate estive soveratesi. Intanto il tempo passa. È ora. Si spengono le luci. Cala il silenzio. Tutta la platea del teatro comunale sgrana gli occhi in attesa di carpire qualcosa nel buio. Ecco la luce. Humanity. La corazzata della scuola di danza Exedra è ormai salita sul palco, pronta ad esibirsi per lo spettacolo di fine anno. Niente lustrini, niente paillettes o piume di struzzo. Sul palcoscenico viene rappresentato il dramma della contemporaneità. Ogni ballerina porta sulle proprie spalle l’umanità intera, quella che vive la tragedia dell’emigrazione, della fuga dai luoghi di guerra, della morte in mare. Con estrema semplicità e coerenza, le danzatrici interpretano il dolore di quella parte di mondo che “non è nata dalla parte giusta”, come sottolinea la voce di sottofondo diffusa durante l’inizio del saggio. E se il dolore e la morte fanno da capo, a vincere su di esse c’è la vita. Ecco che entrano in scena tre ballerine con le loro tre figlie piccolissime. E gli occhi degli spettatori si riempiono di commozione.

Quelle tre anime che per nove mesi hanno abitato il grembo delle loro madri, adesso regalano un dono di speranza danzando insieme ad esse. Da qui si apre un esplosione di gioia, fatta di tutù e punte di gesso e scarpe da tennis e jeans strappati, con una battle nel finale tra danza classica e hiphop, che porta gli spettatori nelle streets di New York. L’intera serata sembra svolgersi tra realtà e sogno. E come ogni anno ci sono le bimbe a far impazzire la platea, con le loro scarpette rosa e i loro tutù e anche con i loro errori. È proprio questo insieme a renderle uniche.

Di pregio le musiche scelte per le coreografie e i vestiti indossati dalle danzatrici. Particolare attenzione spetta alla libellula che, quasi a metà spettacolo, danza sulle note di Che sia benedetta della Mannoia, la coreografa e ballerina Janaina De Oliveira. Ogni anno stupisce con la sua tecnica, la sua classe, la sua eleganza e il suo sorriso. Tutto il senso dell’intero spettacolo potrebbe essere racchiuso nelle parole di questa canzone e nei gesti della danzatrice. Janaina sorride e rivolge lo sguardo al pubblico e apre le braccia per poi stringerle a sè. E corre e respira profondamente, perché ci vuole avvisare che per quanto assurda e complessa ci sembri, la vita è perfetta.

E come ogni anno a congedare tutti gli astanti ci pensa Giusy Fiorenza, la direttrice artistica dello spettacolo, nonché cuore pulsante dell’intera scuola di danza. Ringrazia il pubblico, le maestre che, oltre la già citata Janaina, quest’anno sono state Marilisa Mannini, Federica Punzi e Lucia Tavella. Ringrazia Franco Procopio per l’aiuto costante che offre alla scuola di danza e per la partecipazione attiva allo spettacolo attraverso un monologo tenutosi nella prima parte dello spettacolo. Ringrazia i genitori e, infine, tutti i suoi ragazzi. Senza di loro nulla di tutto ciò avrebbe potuto realizzarsi. Con un grande sorriso sulle labbra e, diciamocelo, tanta stanchezza negli ochhi, Giusy dà appuntamento a tutti all’anno prossimo. Noi ci saremo!

Floriana Ciccaglioni


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