Trump ed Atene


Molto raramente la storia è maestra di qualcosa, e tanto meno di vita; tuttavia, insegna il Vico, la storia ha le sue costanti nelle modificazioni della mente umana, e molti avvenimenti si somigliano in maniera impressionante. Forse ai lettori può interessare questo pezzo di storia antica; se no, mi perdoni.
Atene era, nel VI secolo aC, una città notevole, ma ancora periferica. Assalita, nel 490, da una spedizione persiana, stupì il mondo quando, sotto la guida di Milziade, annientò il nemico a Maratona. Tornati, dieci anni dopo, i Persiani con il re Serse, Atene fu presa e bruciata; ma la flotta di Temistocle sgominò a Salamina le navi nemiche. L’anno dopo, a Platea, Spartani e Ateniesi posero fine alle speranze e alla vita stessa del generale persiano Mardonio.
Secondo la mentalità spartana, la guerra era finita per sempre, e bisognava tornare in fretta ciascuno nelle proprie città. Atene, al contrario, iniziò una controffensiva che in pochi anni la condusse a “liberare” le isole dell’Egeo e le colonie greche d’Asia; e ad istituirvi regimi democratici.
E qui mi pare che si cominci a intuire dove vado a parare. Atene unì le città liberate in una Lega con centro nella sacra isola di Delo; invitandole a continuare la guerra contro la Persia.

Gli isolani e i Greci delle colonie asiatiche non avevano alcuna tradizione guerriera, e tanto meno voglia di farsene una. Si rivelarono così poco utili alla bisogna, anzi un ostacolo. Fu facile agli Ateniesi di Aristide proporre un affare: gli alleati avrebbero pagato un “phoros”, tributo in denaro, e avrebbero lasciato la guerra ai colti, civili, democratici ma bellicosissimi Attici.
Già: la grandezza culturale di Atene nel V secolo aC consiste, come quella di Firenze nel XIII e XIV dC, in un punto ottimo tra civiltà e barbarie, con sempre vivo spirito di avventura. “Facciamo filosofia senza mollezza”, dirà Pericle. E gli Ateniesi erano sempre con le armi in mano; finché non subirono le sconfitte di Sicilia, e poi l’occupazione spartana del 402; e questo non bastò a placarli ancora per un altro secolo. Ma questo è un altro discorso.

Non solo, ma Atene aveva una popolazione numerosa e da tenere occupata; ed ecco la fondazione di colonie militari, le cleruchie; la costruzione di navi da guerra e militari, bisognose di marinai; le fabbriche d’armi: il padre di Sofocle ne aveva una. Insomma, l’imperialismo era una componente fondamentale dello sviluppo economico e sociale, quindi anche politico e culturale, di Atene.
Gli alleati erano contentissimi di essere esentati dal versare sangue, e di lasciare il dio Ares agli Ateniesi, venerando piuttosto Afrodite. Pagavano, e leggevano in qualche poesia le notizie dal fronte.
E qui mi pare molto evidente il confronto, quasi ad unguem, con la NATO. Vincitori su Italia, Germania e Giappone, gli Stati Uniti crearono una Lega di democratici, in funzione antisovietica. Non ridussero gli alleati come le isole e le città sotto Atene, ma le loro forze armate furono ridotte a funzioni subordinate, attraverso un processo di integrazione.

Dove il paragone non funziona affatto, è nel “phoros”. Atene, infatti, impose tributi a suo piacimento e in continua crescita; infine trasferì il tesoro di Delo nell’acropoli di Atene!
Nella NATO, sostiene Trump, non è affatto così. Non solo il presidente evita di imporre o suggerire il disarmo degli alleati, ma sta dicendo chiaro che essi, gli alleati, devono spendere di più non per portare dollari a Washington, ma per armarsi. Spendere almeno il 2% cui si sono impegnati; e invece gli alleati pensano bene di addossare tutti gli impegni di Ares agli USA, per poter continuare a venerare Afrodite. Così è andata in questi sette decenni.

Nemmeno è vero che gli USA abbiano preferito usare le loro truppe; è dal 1982 che sollecitano, direi pretendono, la partecipazione attiva dell’Italia, e in primissima linea e in fronti infuocati. E l’Italia, in sordina per evitare chiacchiere, sta facendo la sua figura.
Come si legge, gli avvenimenti della storia umana possono seguire tendenze omogenee, ma non sono uguali. Del resto, la NATO, che nacque per far la guerra all’Unione Sovietica, è dal 1990 che non ha più il nemico; come la Lega Delia, di fatto Attica, non aveva più i Persiani; e finì per rivolgersi contro Sparta.
Anche oggi, alla fine, a che serve, la NATO? E se gli alleati, spendendo di più, acquisteranno maggiore autonomia militare e anche tecnologica dagli USA? E se dobbiamo pagare, che ci stiamo a fare, nella NATO?

Quando, mezzo secolo fa, facevo il sessantottino, il mio primissimo obiettivo era “fuori l’Italia dalla NATO”; o come scrivemmo a caratteri cubitali sulla Sapienza di Pisa, “CON LE BUDELLA DI NIXON IMPICCHEREMO BREZNEV”.
Volete vedere che, budella a parte, e i due sono defunti da un pezzo, io in vecchiaia sarò accontentato, e finirà la NATO? Se no, avrò fatto il prof in pensione, con qualche sia pure approssimativo ripassino di storia antica, non uguale ma simile.

Ulderico Nisticò


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