17 marzo 1861, dei chiarimenti


A proposito del 17 marzo 1861, anche quest’anno ho dovuto leggere su giornali e social, o vedere in tv, quelle che educatamente chiamo inesattezze, quando non palesi invenzioni di sana pianta. Sarò breve.

– inesattezza 01: il 17 marzo 1861 sarebbe stato l’inizio dell’unità; quindi, è stato detto, della repubblica. E invece quel giorno venne proclamato re d’Italia, re, Vittorio Emanuele II; quindi c’era la monarchia, costituzionale (Statuto Albertino del 1848) però monarchia. Per la repubblica bisogna aspettare il 1946, e dopo tutt’altre vicende e circostanze.

– inesattezza 02: è stata infilata nelle cerimonie anche la resistenza, dimenticando che degli 80.000 partigiani ufficialmente riconosciuti (e pigliamo per buona la cifra!), metà erano militari monarchici, e che il 2 giugno 1946 votarono monarchia;

– inesattezza 03: a proposito di referendum e plebisciti, i meridionalisti pinoaprilati eccepiscono che quelli del 1860 in Sicilia, Meridione, Marche, Umbria, nel 1866 Veneto, non sarebbero stati molto legali.

Si eccepirà pure del 2 giugno 1946, referendum che, anche in questo caso pigliando le cifre per genuine, non diede certo una schiacciante maggioranza per la repubblica; e, udite udite, il Meridione, e in esso Soverato, votarono monarchia.

Una curiosità: il plebiscito di Nizza per il passaggio alla Francia diede il risultato di 43.000 sì su 43.000 elettori e fu una delle più spaventose bufale della storia umana.

– inesattezza 04: il Regno delle Due Sicilie fu invaso dalle truppe piemontesi, dicono i pinoaprilati. I fatti andarono così: Garibaldi sbarcò senza trovare ostacoli; sconfisse gli inetti e senescenti generali borbonici; giunse comodo a Napoli nel frattempo abbandonata da Francesco II; minacciava, e forse era la sua vera intenzione, di colpire Pio IX a Roma, per vendicare il 1849; Napoleone III suggerì l’intervento dell’esercito sardo (nel senso del Regno di Sardegna), per fermare Garibaldi. Si trattò dunque di uno dei tanti episodi di conflitto tra liberali e democratici, di cui sono dense le cronache del XIX secolo, con scontri violentissimi come la Comune di Parigi. Qui c’era poco da scontrarsi, e Garibaldi se ne andò a Caprera. Francesco II era divenuto un particolare trascurabile.

– inesattezza 05: vero che si scatenò, anche se tardiva, l’insurrezione in alcuna aree interne, poi detta brigantaggio; ma i briganti, attenti a questa fandonia che circola, non erano né democratici né socialcomunisti né repubblicani, né combattevano per terreni su cui sudare o per il posto fisso con orari. Erano fedeli al re Borbone, e nemici mortali dei borghesi. E vivevano una breve e selvatica esistenza di ribelli. La letteratura ottocentesca ce ne mostra a iosa di esempi in Stati Uniti, Argentina, Spagna; e, in versione cittadina, a Parigi, Londra, San Pietroburgo…

– inesattezza 06: qualche buontempone ha parlato di morti a milioni, e di genocidio, o, con spregio della lingua italiana, di genocidi al plurale. Semplicemente non è vero, mentre è vero che ci furono scontri anche molto duri e sanguinosi; e qualche orribile episodio di rappresaglia. Con buona pace della retorica sia patriottica sia meridionalista, esistono cifre credibili.

– inesattezza 07: il piatto forte dei pinoaprilati è sostenere che il Meridione del 1860 fosse ricchissimo, e di conseguenza poi rapinato di tali dovizie da Mida e Creso. La verità è più modesta: l’economia meridionale era in gran parte di sussistenza, il che però non significa di miseria; e con produzione ed esportazione all’estero di derrate all’ingrosso; c’erano alcune aree industriali, però con scarso mercato interno; come lenta era la circolazione monetaria; c’erano trasporti navali, ma rarissime strade e 99 km in tutto di binari da Salerno a Capua; e, cosa importante, la cultura meridionale era filosofica, giuridica, ideologica e utopistica ma per niente pratica e politica: come nel 2025, del resto.

Conclusione: dopo decenni di ipotesi confederali, federali, repubblicane, neoguelfe, neoghibelline eccetera, l’unità statale dell’Italia si fece come si fece, e come le circostanze consentivano, un ircocervo tra unità mazziniana e monarchia liberale. Se tutto fu deciso a Parigi e a Torino, e con la guerra del 1859 in Lombardia; e il Meridione rimase politicamente estraneo, anzi muto, la colpa fu solo sua: colpa politica e militare, dico. E uno Stato conta se ha forza militare e politica; o se no, se si trova alleati. Il Regno delle Due Sicilie non aveva nulla di questo.

Ulderico Nisticò