Abbiamo letto ieri che le esportazioni della Calabria aumentano: buona notizia. Leggiamo oggi, 14 giugno, che la Banca d’Italia piange miseria, denunziando l’invecchiamento della Calabria, quindi la crisi delle iniziative.
C’è qualcosa che non funziona, nelle statistiche. Esse sono fatte su dati ufficiali, e non su osservazioni empiriche. Esempio, Soverato il comune più ricco della Calabria. Statistica facile: si sommano stipendi e pensioni e si divide per gli abitanti. Così la bruta statistica è soddisfatta; ma non la realtà, che è quella di negozi i quali chiudono come se piovesse, e dei malinconici cartelli AFFITTASI e VENDESI, che resteranno a vita; e resterebbero anche se ci fosse scritto REGALASI. Al contrario, non risultano da nessuna parte i soldi dei FITTI IN NERO, e che in nero continuano ad essere senza alcun provvedimento.
Ecco delle statistiche inattendibili; e facili e comode per i passacarte che le effettuano.
Anche la situazione demografica è poco credibile, se tanti calabresi pensionati vivono dieci, undici mesi altrove, però mantengono la residenza. E se vivono altrove, la spesa la fanno altrove.
Da ciò la contraddizione tra le notizie buone e quelle cattive.
Occorre un lavoro più credibile; e perciò non è roba da sociologi teorici e che “somministrano questionari” prestampati magari a Trento. La Calabria, del resto, e ve lo dico da storiografo, è sempre stata difficile da capire, fin da quando non si chiamava così. Per esempio, è roba da specialisti di lingua greca studiare che ai tempi della cosiddetta Magna Grecia non si parlava “greco” ma acheo e calcidese e messeno e locrese eccetera. E quando Reggio divenne romana, i Reggini divennero cittadini romani con tre nomi, però in ormai greco ellenistico. Immaginate la Babele. E ai tempi molto più lunghi della grecità romea (bizantina) si parlava mezzo neogreco e mezzo neolatino, però anche latino…
Quanto all’economia, sbagliatissimo applicare la sociologia comtiana, quindi parigina, in una situazione in cui l’artigiano era anche contadino, senza dire dell’infinita varietà di discepolo, mastro, capomastro e summastro; e, almeno dal XVIII secolo in poi, i nobbbili [notare le b] avevano un nonno paterno cafone e uno materno barone, ereditando da entrambi i peggiori difetti e nessun pregio, e i loro nipoti divennero superbi senza un quattrino.
Mi fermo con questa provocazione: non ci servono statistiche libresche, ma uno studio a occhi aperti. Infatti, statistiche sbagliate portano anche a politiche sbagliate; come le diagnosi e le terapie in medicina.
Ulderico Nisticò