26 dicembre 1946


 Il 26 dicembre 1946, un gruppo di reduci del fascismo fondava il Movimento Sociale Italiano: Almirante, Baghino, De Marsanich, Michelini, Romualdi… Il 15 gennaio 1995, un’assemblea di versipelle e furbetti ne decretava la fine, dando breve vita all’aborto Alleanza Nazionale.

 Nel mezzo secolo di turbolenta esistenza, il MSI mostrò ogni genere di difetti e limiti, ma ebbe il merito di mantenere salda la tradizione politica fascista, con tutta la sua indefinitezza: vi si potevano trovare dei conservatori borghesi come dei socialisti nazionali; dei filoamericani come dei nemici mortali della NATO; dei gentiliani come dei mussoliniani di Costamagna; dei cattolici tradizionalisti come dei neopagani evoliani… e ogni altro genere di eredi del crogiolo di idee e passioni del Ventennio fascista e della Repubblica Sociale. Nel 1972 entrarono nel Partito i monarchici sabaudi, donde la denominazione di MSI-DN.

 Cosa teneva assieme tale arcipelago di non tanto idem sentire? Due fattori essenziali: l’indiscussa avversione al sistema liberaldemocratico parlamentare e al comunismo; e il fallimento di ogni altra esperienza neofascista: Gruppi nazionalpopolari, Fronte, Ordine Nuovo, X MAS… Il MSI, o MSI-DN, aveva dalla sua la forza dell’organizzazione, favorita dalla rappresentanza istituzionale a livello parlamentare, provinciale e comunale, e dal 1970 regionale. Quarto partito italiano nonostante l’emarginazione “fuori dall’arco costituzionale” e la povertà di mezzi, vantava una media tra il 6 e il 7% dei voti; e, quel che contava, una presenza capillare nel territorio.

 Nessun per quanto piccolissimo borgo era privo di quello che ottimisticamente chiamavamo “segretario di sezione”: un camerata fedelissimo su cui poter contare per l’affissione dei rari manifesti e l’organizzazione di un comizio; e non raramente la sezione esisteva davvero con una “sede” eroicamente pagata e qualche volta difesa eroicamente sul serio. Quei camerati non ferratissimi in fatto di cultura generale, ma che non avrebbero mai tradito “i valori della mamma”, come disse uno di loro, e voleva dire, a modo suo di uomo semplice, una Tradizione molto più eterna della politica. Senza nulla guadagnare e molto perdere, erano però rispettatissimi in paese per la loro coerenza e moralità. C’erano anche i medici e professori, a volte, però avevano malamente studiato a scuola il Machiavelli, e con questa scusa tradivano a tutto spiano; in genere, con molto meno guadagno di trenta denari.

 Infine, il MSI annoverava un pattuglione agguerrito di uomini di cultura: guai a chiamarli “intellettuali”! Erano persone di ampia e variegata dottrina, di ondivaghi umori, amanti delle polemiche esterne e interne, ciascuno con un suo passato politico trasgressivo e con memorie di impossibili amori, pronti a ogni convegno, conferenza, allegro convivio e rischio di scazzottata. Scrivevano sul Secolo, e su Antibancor, Area, Risguardo, Linea, Pagine Bianche, Avanguardia, Controrivoluzione, L’altra storia, L’altra voce, Orientamenti, Pagine Libere, Parsifal, Partecipare, La Meta sociale, Identità, L’Eco, L’Alfiere, La Quercia, l’Orologio, La Contea, Il Candido, il Borghese, Quaderni di Avallon, Repubblica Presidenziale, L’italiano, Tabula Rasa… e incautamente firmavano con il loro nome, senza ridicole maschere. Verso il 1990 se ne trasse una specie di elenco ufficioso, circa cinquanta; di questi, quarantanove non aderimmo ad AN. Protervi e superbi, preferimmo la nostra ostinata fede a ogni prospettiva di comodi.

 “Queste cose furono un tempo”, e oggi sarebbe difficile anche spiegare a dei giovani concetti come sezione, federazione, tessere, congressi, preferenze… Tutto è diverso, e anche il MSI doveva cambiare; cambiò, il 1995, nel peggio del peggio; e proprio quando il popolo italiano lo aveva premiato con cinque milioni e mezzo di voti.

Ulderico Nisticò


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