Addio G. Bretagna, o quanto meno Inghilterra


 Oggi, 29 marzo 2017, inizia quella che per brevità chiamiamo brexit: il primo ministro del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord firma una lettera per informare l’Europa della sua intenzione di lasciarla. Tanti saluti.

 Eh, Regno “unito”? Ma ieri sera il parlamento della Scozia ha dato l’autorizzazione a un altro referendum per la secessione, questa volta non dall’Europa, anzi il contrario, ma secessione dalla Gran Bretagna. È uno scontro tra donne: il primo ministro dell’intero Regno è la May, che governa per conto della regina Elisabetta; e il governo scozzese è retto dalla signora Sturgeon. Si plachino le femministe e i progressisti in genere: insegna Tacito, nel I secolo d.C., che i Britanni, quando dovevano eleggere un capo, non distinguevano tra i sessi. E basta ricordare Elisabetta I e Vittoria, o l’infelice Maria Stuarda.

 Qualcosa di simile si sta pensando nell’Eire o Irlanda del Nord, dove sono in tanti a volersi riunire con il resto dell’Irlanda. E anche Londra, città cosmopolita con un sindaco pakistano, ha votato per restare europea.

 Insomma, nei prossimi anni può avvenire di tutto, da quelle parti; e come tra il 1707 e il ’14 nacque il Regno Unito, mettendo assieme l’Inghilterra e i suoi possedimenti di Galles e Irlanda, con la Scozia, e chiamando a regnare l’unico pretendente protestante possibile, il principe tedesco Giorgio di Hannover, onde evitare uno Stuart cattolico; come dunque si unì, con un altro procedimento politico il Regno si può dividere. Eh, si fa presto a dire Regno… vediamo che succederà con la morte di Elisabetta II. Potremmo trovarci un’Inghilterra fuori e una Scozia dentro l’Europa; quando a Galles ed Eire e Londra, non è chiaro.

 La verità è che la Gran Bretagna in Europa non ci doveva entrare, come avvertiva chiaramente De Gaulle. La prima ragione è storica, e bisogna che ne parliamo.

 I Romani conquistarono la Britannia, e sono infinite le tracce della loro presenza, a cominciare dai tantissimi centri in –chester o -cester, da castrum. Tra questi, la Colonia Nervia Glevium (Gloucester), che sarebbe gemella di Scolacium, se la cultura calabrese non fosse fatta di depressi e bambinoni a caccia di Ulisse. Ma torniamo ai Romani, i quali per oltre tre secoli occuparono sì il territorio, ma non lo latinizzarono come accadde in Gallia e Spagna e Africa e Illiria; e, messi alle strette, ai primi del V secolo ritirarono le legioni come da un possedimento lontano.

 Da allora, e nonostante invasioni di ogni razza, l’ultima quella normanna del 1066, le isole accentuarono il loro carattere identitario rispetto all’Europa, e la Manica fu separazione e non momento di contatto. La costante della politica inglese, poi britannica, fu di interessarsi il meno possibile dell’Europa, se non per impedire la formazione di ogni qualsiasi potenza navale: “two power standard”, la flotta britannica forte almeno il doppio di qualsiasi flotta europea. Da ciò le guerre a morte con Napoleone; e, nel 1905, l’incredibile rivolgimento di fronte di Londra dall’amicizia tedesca all’alleanza con l’eterno nemico francese, che portò alla Prima guerra mondiale. Tra questi due eventi, una politica britannica rivolta quasi solo all’India, di cui nel 1876 la regina Vittoria si proclamò imperatrice. “Potenza asiatica” veniva considerata la Gran Bretagna, e non europea. Quanto al Mediterraneo, venne considerato via per l’Asia, con l’acquisizione di Gibilterra, Malta e poi Egitto e Cipro. Durante il XVIII secolo fu intenso il rapporto con la Sicilia per gli zolfi e i vini e la guerra contro Napoleone, divenendo meno importante nel secolo seguente.

 Anche il rapporto culturale con l’Europa fu squisitamente inglese, accentuando il classicismo greco latino e continuando a considerare cose per barbari l’idealismo e il romanticismo, pur diffusissimo nella cultura popolare e in qualche malguardato poeta. Per il genuino inglese nobile, elegante, corretto, colto e “snob”, gli Europei, e peggio i cattolici latini, come gli Spagnoli e gli Italiani, erano dei pittoreschi emotivi selvaggi dai modi rozzi e dallo scarso autocontrollo, da visitare in vacanza e con sussiegoso distacco.

 Con queste premesse, che De Gaulle conosceva bene, non c’era motivo di estendere l’Europa alla Gran Bretagna: e infatti…

 Tanto meno si doveva estendere l’Europa alle Nazioni balcaniche e baltiche, palesemente disomogenee per condizioni culturali, sociali ed economiche. Ed è una follia anche solo nominare la Turchia o Israele. E già, se tutto è l’Europa, niente è l’Europa; e l’Europa sedicente unita sarebbe al massimo un fatto commerciale.

 Questa leggerezza di far entrare chiunque è una delle cause della palese debolezza dell’Unione, e della sua inesistenza sul piano politico e sul piano militare. Forse la brexit segnerà il momento di stabilire, per l’Europa, precisi confini esclusivamente europei, da indicare chiaramente e decisamente difendere.

 Come insegnavano i Greci, solo ciò che è limitato è perfetto.

Ulderico Nisticò


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