Ancora sulla scuola calabrese


E lo sapevo, io, e ve l’avevo anche detto in anticipo. Di fronte alla notizia che la scuola calabrese è ultima (ma no!) per italiano, matematica e inglese… solo perché le altre materie non c’erano! di fronte al disastro, gli insegnanti calabri ricorrono all’espediente psicanalitico più calabrese che ci sia: negano l’evidenza, e gridano che i test INVALSI non valgono!

E non basta. Altri, più furbetti, resuscitano le famigerate lettere di don Milani, e sparano la bufala che i ragazzi calabresi vanno male per le condizioni sociali ed economiche; ancora nessuno se l’è presa con la mafia, ma presto sarà indetta una fiaccolata. In Calabria, una fiaccolata, un premio letterario e uno sbarco di Ulisse non si negano mai a nessuno.
E invece, cari colleghi, sapete che mondo corre? Che io mica ho insegnato a lord inglesi e miliardari arabi; e vi posso assicurare che tra i miei allievi migliori, e migliori sul serio, c’erano ragazzi di famiglie molto modeste e senza antenati illustri; e con quattro nonni dialettofoni, che però parlavano benissimo l’italiano. Come la mettiamo, con don Milani? Guardate che gli esseri umani non siamo i cani di Pavlov, anzi nemmeno i cani sono come i cani di Pavlov (Lorenz lo ha ridicolizzato), e la teoria che siamo l’effetto delle situazioni sociali (il “milieu”) è del tutto campata in aria.

E i test INVASLSI mica li hanno fatti tutti a Pietra Cappa o tra le forre del Pollino: anche in città, anche nei licei, anche in mezzo a figli di papà, risultati ugualmente asini dei figli dei derelitti.
Basta scuse, qui c’è qualcosa che non va in profondo.
Nel suo complesso, la scuola meridionale è più che ottima per… per il 1923, riforma Gentile. Già rifiutò la riforma Bottai del 1939, e Croce, mezzo ministro del 1944, eliminò tutti gli ammodernamenti. Vi sta bene, come esempio?
Ci sono miei colleghi vissuti per anni nel terrore del computer, soprattutto se colleghi di lettere; possono far sapere ai ragazzi che in internet si trovano tutti i testi più introvabili di latino e greco; per gli zoppicanti, anche tradotti?

Urge quindi l’ammodernamento dei mezzi e dei metodi. Non basta che una scuola compri delle macchine, bisogna sapere e volerle usare!
Urge la selezione. Ve lo dico bello chiaro: è ora di finirla con il passaggio da una scuola all’altra per età o per malattia o per espedienti, e così un Pincopalla si trova sulla cattedra di latino e greco senza sapere quasi niente delle defunte ma indispensabili lingue antiche; e così “spiega” tanta, tanta letteratura e niente aoristi e periodi ipotetici in greco e a latino. O come quel tizio che ebbi collega d’esami, docente di prestigiosissimo liceo calabro, che però in venti giorni non sentii spiccicare una (01) parola d’italiano, non dico sul Leopardi, ma sulla qualità o meno del caffè.

Ma i diritti… sentite, una scuola seria se ne frega dei diritti, e mette gli asini in condizione non sognarsi nemmeno di fare la domanda di trasferimento! Basta incarica un ciuco di tenere una conferenza… e vedete come si dà malato; e come si sparge la voce!
E comunque, una scuola non è fatta da uno o più insegnanti di qualità; è un sistema, e deve funzionare integralmente, tutto, dal bidello al preside. E qui sta il punto dolente: il sistema, l’organizzazione. Già, se la cultura non è organizzata, sono solo seppie mentali di solitari e depressi.
Corollario: se nella stessa classe c’è il prof X bravissimo e il prof Y asino, ciò sconcerta gravemente i ragazzi.

E poi, siamo proprio tanto sicuri che la Calabria abbia bisogno di più che perfetti congiuntivi e futuri anteriori perifrastici? Secondo me, il dramma calabro non è che si sappia il congiuntivo futuro del greco (ora mi faccio due risate), è che difettano assai le scuole professionali, alquanto necessarie per il 2019. Ripeto che un bravo meccanico è duemila volte meglio di un arrangiato e demotivato insegnante di lettere classiche.
Come si fa? Beh, iniziamo così: far capire alle mamme dei figli maschi che il “pezzo di carta” oggi non vale un bel nulla; e che il bravo fanciullo non troverà più il “posto” sotto casa.

Perciò la scuola napoleonica e diplomificio è destinata a sparire: sarebbe il caso di prendere atto, e ripensare radicalmente l’istruzione.
Anche in questo frangente, mi sta benissimo l’autonomia regionale, che ci obbliga alla responsabilità politica, giuridica e morale.
A proposito: avete sentito un sussurro da parte degli intellettuali di Africo e dei politicanti calabresi? Mai, ragazzi: “a mejjiu parola esta chirha chi non nescia”, vero?

Ulderico Nisticò