Arabi, Calabria e occasione da cogliere


Ci sono al mondo due enormi mucchi di soldi che vogliono essere spesi, e si trovano in Cina e tra gli Arabi ricchi. Alcuni di questi ultimi, essendo anche istruiti, vorrebbero intervenire nei restauri di edifici di origine araba in Sicilia, eccetera.
Premessa fondamentale. Per la cultura musulmana, alcuni luoghi dell’Occidente sono di appartenenza araba, o almeno islamica. Un esempio importante: fu, e non so se ancora è, usanza di celebrare come giornata di lutto in tutto l’Islam il 2 gennaio, quando i re Ferdinando e Isabella accettarono la resa di Boabdil, emiro di Granada: era il 1492! La Spagna, per sette secoli araba, e altri luoghi sono dunque familiari agli Arabi: tra questi, la Sicilia, conquistata a partire dall’VIII secolo, persa politicamente il 1091 per mano di Ruggero d’Altavilla, però conservante una lunghissima tradizione culturale e popolare araba. Perciò il Mongibello (Mons-Gebel) e Palermo e Mazzara sono ben conosciuti nella cultura musulmana.

Scommetto che la Calabria non l’hanno mai sentita manco nominare; o, se mai, per qualche cosa di antimafia segue cena. Non c’è dunque alcuna speranza che un petroliere investa soldi per noi come invece vorrebbero fare in Sicilia. A meno che… A meno che qualcuno non racconti agli Arabi qualcosa della loro presenza politica, militare, culturale ed economica anche in Calabria. Stendo qui un rapidissimo elenco, anche per evitare che qualche furbone copi e spacci le notizie per sue:

– Invasione, a partire dalla data convenzionale dell’829; emirati di Amantea, Santa Severina e Tropea, e forse anche Squillace; riconquista imperiale dell’887-8.
– Altre incursioni, tra cui quella di Ibrahim, il conquistatore di Taormina, morto inopinatamente a Cosenza.
– Battaglia di Stilo del 982.
– Stabilimento dei kastellia ionici da parte di Niceforo II.
– Tra questi fatti di guerra, moltissimi rapporti commerciali. Ancora oggi, in dialetto, la moneta è chiamata “tarì”.
– Restano parole come “arangara, bazariotu, camirhu, cantàru, giafru, tamarru… ”.
– Sono notevoli i cognomi, alcuni molto diffusi come Morabito.
– Lo stesso per località come Brahalla (Altomonte), Falluca, Maida, Tarifi…
– Non mancano tracce di interesse archeologico e numismatico.
– Eccetera.
Ripeto, solo un nudo elenco; e a ogni voce potrebbe seguire un adeguato approfondimento. Eh già, e io a chi glielo vado a raccontare?
Agli operatori turistici? Ma no, sanno solo balneazione veloce.
Alle Università? Ma no, di storia calabrese non sanno nulla, tranne qualche iperspecialista.
Alla Regione? Ragazzi, mi viene da piangere.
Boh, comunque io l’ho scritto, e, per dirla con Pilato, ὃ γέγραφα, γέγραφα. Che vuol dire? Boh, chiedetelo ai tantissimi intellettuali ufficiali calabresi segue cena. Ora vediamo se qualcuno legge, e magari persino capisce.

Ulderico Nisticò


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