A Reggio il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, ha detto – musica per le mie orecchie – che la soluzione dei problemi del Sud NON è e non dev’essere l’assistenzialismo.
Dagli anni 1950, informo Bonomi e i lettori, il Meridione ha ricevuto due forme di assistenzialismo: quello diretto, con sussidi vari più o meno leciti; e, molto più diffuso e più rovinoso, quello indiretto, cioè le assunzioni di dieci persone quando ne bastavano e avanzavano due o tre.
Dieci persone ad oziare in uffici con più terga che sedie, comportò l’abbandono di agricoltura e allevamento e artigianato e piccola industria; e ha impedito l’ammodernamento di quanto c’era; e un turismo serio e che non fosse il fugace chiasso di due settimane.
Da notare che, fino agli anni 1990, due assunti, marito e moglie, a basso livello di prestazione e bassa retribuzione, trovavano da campare in paese a basso costo della vita, e con casetta ereditata; con l’euro, e con la fine delle assunzioni, nemmeno l’assistenza basta più a tirare avanti.
Soluzione, dice Bonomi (e, nel mio piccolo, lo dico io da decenni), assistere solo i veramente malati; e per tutti gli altri, il lavoro e la produzione. Lavoro vero, e produzione di cose che si consumano e si vendono.
S’intende che non dobbiamo scopiazzare modelli liberalcapitalistici e socialdemocratici dell’Europa Centrosettentrionale, del resto ormai falliti anche lì. Serve l’antico modello meridionale, fatto di piccole e medie attività agricole, pastorali, artigianali e di azienda di trasformazione. E anche istituzioni meridionali, senza continuare con tipi o giacobini o partitocratici.
Serve un mutamento radicale di mentalità: 1. Rifiuto, come detto, dell’assistenza. 2. Divieto di piagnisteo. 3. Divieto d’invenzione di ricchezze che mai furono e mai saranno. 3. Ammodernamento della scuola. 4. Gusto del lavoro creativo. 5. Una sana ventata di tracotante ottimismo!
***
La Calabria, informo il presidente Bonomi, è l’ultima persino del Sud; e facciamo solo un esempio di palese incapacità congiunta dei governi nazionali e della Calabria: Gioia Tauro, e lo strombazzato “porto più grande del Mediterraneo”.
Vi mancano strutture essenziali, e molte grandi navi vanno altrove. Del resto, non è un porto, ma un sistema di gru che, se fosse ancorato al largo sarebbe lo stesso, e i marinai prenderebbero il caffè in cambusa, senza scendere dalle navi.
Vengono nominati e sostituiti commissari come se piovesse, e non cavano un ragno dal buco.
C’è anche la Zona Economica Speciale (ZES), che, tra molte fanfare istituita ufficialmente il 3 agosto 2017, a oggi, 19 ottobre 2022, è praticamente a zero.
Ulderico Nisticò