Bufale al pascolo sul Monte di Tiriolo


Tiriolo Tiriolo fu per millenni il crocevia delle civiltà e delle strade di quella che dall’VIII secolo dC si chiama Calabria. Vi passarono le genti protostoriche – Enotri o Itali – e poi i Greci, i Bruzi, i Romani, i Romei (Bizantini), e fu un importante principato medioevale. Conserva – e molto è andato perduto – un grande patrimonio archeologico e storico, e tradizioni popolari vivaci. E, che non guasta, accoglie bene anche all’ora di pranzo. Tiriolo non avrebbe bisogno d’inventare niente; però si trova in Calabria, e si sa che il calabrese, soprattutto se istruito a scuola, è un bambinone in cerca di favole.

 Ormai trent’anni fa, tale Wolf affermò che Tiriolo era il regno dei Feaci, e ciò in spregio dell’evidenza che trovasi a 800 metri sul mare, e che i Feaci facevano di mestiere i marinai. Ciò disse il Wolf a seguito dei soliti ragionamenti con cui il ramingo Ulisse è stato fatto sbarcare, nei secoli, da tutte le parti, da Malta a Gaeta, non escluse – né scherzo! –  Inghilterra, Indonesia, America… i soliti: i venti, i giorni, le notti, una roccia con un buco che pare Polifemo… Centinaia sono le ipotesi, e tutte campate in aria o tenute assieme con gli spilli dei “potrebbe”. Nel nostro caso, è la traduzione avventurosa della parola omerica εἰσίθμη (eisithme), che vuol dire ingresso; Wolf invece la traduce Istmo, e il gioco è fatto. Consultare vocabolario.

 Tiriolo e Gizzeria devono, per altro, reggere alla concorrenza di molti altri luoghi odissiaci della Calabria: Copanello, Scillezio, Squillace, Nardodipace, Crotone… Tutti posti dove gli omeristi della domenica hanno condotto il nostro viaggiatore.

 A Tiriolo, però, hanno innalzato un monumento, convinti che milioni di turisti sarebbero andati a visitarlo. Ci sono, è vero, turisti a Tiriolo, ma per tutti i motivi tranne il presunto, molto presunto sbarco del figlio di Laerte! E il monumento, per fortuna di pessima qualità, si sgretola al vento e al sole.

 Di fronte al fallimento di Ulisse, ora i Tiriolesi ripiegano sui Templari. Mi cadono le braccia; perché anche qui capitano male, in una Calabria dove, da due o tre anni, ci sono in giro più cavalieri templari che impiegati della Regione e forestali. Templari di Montauro, Monasterace, Gerace, Umbriatico, Catanzaro; Templari semplici e Federiciani…

 Insomma, a Tiriolo non ne imbroccano una!

 Ma, dite voi, si può anche approfittare di una o più bufale per far turismo. E certo, e come no? Proprio io, negarlo? Io che, restando solo al mito greco, ho scritto e rappresentato:

  1. Eutimo, la leggenda di Eutimo e Caritea, a Soverato;
  2. Tu mi salvasti, fanciulla, nato ad Amaroni, portato poi, con successo, al Concorso nazionale di teatro classico di Torino; replicato a Soverato;
  3. Le dee stelle, a Davoli;
  4. Cantami, o Musa, a Petrizzi…

 I lavori 2 e 4 sono ispirati proprio a Ulisse, e recitati come si deve, e con i criteri del teatro. Ma sì, Ulisse, il personaggio fascinoso di Omero, Virgilio, Virgilio, Dante, Joyce, Foscolo, d’Annunzio… Ulisse, basta ricordarsi che non è mai esistito in senso banalmente anagrafico.

 Allora sì che il mito è e resta eterno. E anche i Templari o, in genere, i cavalieri medioevali, come sarebbe bello…

 Sarebbe, ma, di solito, non è; e finisce a sagra della frittella di erbette di fiume, finanziata, è ovvio, dalla Regione.

Ulderico Nisticò


Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *