Caccia al cinghiale


Calydonian_hunt Meleagro, per cacciare il cinghiale di Calidone e per amore, passò un brutto guaio; Ulisse, andato sul continente dell’Epiro a trovare quel sofista e lestofante del nonno Autolico, uccise un cinghiale, però si beccò una brutta ferita con cicatrice da sfregio permanente. A me, non eroe del mito ma modestissimo pensionato, i cinghiali fanno visita nel campicello, e se mi mangiano le melanzane, vi assicuro che m’imbufalisco non poco; le ho piantate per coglierle e mangiarmele io, non loro.

Dite voi, la natura… La natura non c’entra un bel niente. I cinghiali attuali non hanno a che vedere con quelli della nostra storia antica; li hanno portati per ripopolamento, con l’intento di tenerli nei recinti di Mongiana qui, di Monte Fuscaldo nel Crotonese, eccetera. Eh, tenere un cinghiale, una parola: è una bestia da più di un quintale di media, tutto muscoli, armato di zanne come coltelli, di indole guerriera. Le signore cinghialesse sono molto prolifiche, e nascono da ogni scrofa decine di lattonzoli; essi, non avendo nemici naturali come i lupi, crescono numerosi e felici. Essendo felici e numerosi, devono mangiare; e sono anche famosi camminatori. Mangiano di tutto e dovunque, e divengono anche pericolosi per l’uomo. Il problema è serio, e riguarda tutto il territorio.

 Tutto ciò non è natura, è solo un errore umano. Ripassatevi la storia dei conigli e dei cammelli in Australia.

 Agli errori, si ripara. Siamo ben dotati di cacciatori, non generici, ma proprio cacciatori di cinghiali, organizzati in squadre disciplinate: basta mobilitarli secondo precise regole. E ci sono ottime ricette di cinghiale.

 Buona mira.

 

Ulderico Nisticò


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