Calabria ed emigrazione


emigrati Torna ogni tanto in Calabria il tema dell’emigrazione; e, come tutte le cose calabre, pare che ce l’abbiamo avuta solamente noi, e invece tutti gli altri sono stanziali, immobili come le Alpi. E qui mi tocca impartire una lezioncina di storia, così, alla buona, nelle grandi linee:

  1. L’uomo è una specie nomade e seminomade, e migra per ogni dove.
  2. L’emigrazione si distingue in: a) valigia di cartone e spicciolata, e si chiama emigrazione; b) tutti vestiti uguali e con un generale o ammiraglio, e si chiama conquista oppure impero. Vi risparmio gli esempi, tranne uno:
  3. Le colonie greche si chiamano apoikiai (ἀποικίαι), che vuol dire trasferimento di casa: ovvero i Greci stavano malissimo, e passarono altrove; dove trovarono un poco di terra e di acqua invece di petraie desolate, ci restarono così meravigliati che, con evidente esagerazione, chiamarono il posto niente di meno che Megale Hellàs (Μεγάλη Ἑλλάς), detta poi dai Romani, come ricordo erudito, Magna Graecia.
  4. La terra poi detta Calabria fu sempre meta di immigrazione: Enotri, Greci, Bruzi, coloni soldati dell’Impero d’Oriente, qualche longobardo, qualche normanno, molti albanesi;
  5. Si aggiunge una frequente immigrazione di personale specializzato: militari, feudatari, minatori bresciani e persino ungheresi, tecnici francesi, personale ecclesiastico, insegnanti…
  6. Intanto dalla Calabria alla spicciolata emigravano, ogni tanto, giovani in cerca di quella fortuna che la Calabria non offre ai suoi figli a causa del vizio dell’invidia, e del rischio di un’insopportabile e derivilizzante quiete. Spesso la meta era la Roma papale piuttosto che Napoli: ed ecco i Sirleto, Barrio, Grano, Giglio, Gravina… Cassiodoro, per fare il primo ministro dei re goti, visse a Ravenna; il primo emigrato a Milano fu Cicco Simonetta, che governò il ducato. Meriterebbe un racconto l’emigrato sovversivo Tito Volturcio ai tempi di Catilina, ma gli dedicheremo una nota a parte.
  7. I Calabresi furono tra gli ultimissimi d’Europa a emigrare in massa, preceduti per secoli da Spagnoli, Inglesi, Scandinavi, Tedeschi, Irlandesi; e dagli inizi del XIX secolo, dagli Italiani del Nord, soprattutto i Veneti, Liguri, Piemontesi… Gli antenati del papa, per esempio. La causa dell’emigrazione calabrese fu, come tutte le emigrazioni del mondo, l’aumento della popolazione. Le bufale pinoaprilesche che eravamo ricchissimi e ci hanno derubati i Piemontesi è confutata proprio dagli antenati di Bergoglio, che dal Piemonte emigrarono esattamente come poi avverrà dalla Calabria.

 Però c’è qualcosa di vero nel fatto che i Meridionali in genere hanno patito l’emigrazione più di tanti altri, e l’evento è stato sentito come un trauma, donde il più o meno genuino piagnisteo. Già, i figli e nipoti e pronipoti di Calabresi nelle Americhe ancora parlano dialetto arcaico e soffrono la nostalgia… Mentre l’atto di fondazione, il mito sacro degli Stati Uniti fu quando degli Inglesi anglofoni (Washington era più o meno parente della Casa reale britannica) si batterono ferocemente per cacciare l’Inghilterra dall’America; e se dite a un Bush che un suo avo era inglese, vi querela. Gli Americani sono dunque quelli che lasciarono volentieri l’odiata Inghilterra dove venivano maltrattati da burbanzosi feudatari o sfruttati a morte da capitalisti ingordi; mentre i Calabresi campavano benino con feudatari popolareschi e maleducati, e raccogliendo castagne e lumache in cambio di scarsissimo lavoro. Attenti che ho scritto “campavano”, mica “vivevano”, che ci corre una bella differenza: più o meno come in questo morente 2015. Però campavano senza impegno mentale e con scarsa prestazione d’opera, per secoli.

 Certo, se gli avi di Macrì (oggi, Macri) non fossero emigrati, al massimo egli faceva il sindaco di S. Giorgio Morgeto invece del presidente dell’Argentina: ma che volete, tutto ha un prezzo. Forse se Cicco fosse rimasto a Caccuri non finiva decapitato da Ludovico il Moro… forse, se non si beccava una coltellata da marito geloso come accadde a Galeazzo di Tarsia, grande poeta un pochino donnaiolo. Scure per coltellata, almeno Cicco si divertì.

 Insomma, ragazzi, la storia è tutta un’emigrazione, e molto spesso è un affare: non c’è da farne tanto lacrimatoio.

Ulderico Nisticò


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