Calo demografico e ideologie sbagliate


 Pessimi numeri per la natalità in Italia, e peggio per il Mezzogiorno. Del resto, Soverato conta a stento ottomila anime, e bisognerebbe togliere quelli che di fatto abitano altrove molti mesi l’anno. I paesi interni… basta un’occhiata.

Ci sono molte cause, tra cui quelle economiche e degli scarsi servizi per madri e figli, e per famiglie detto in generale. Non si vede da decenni una seria politica in tal senso; e nemmeno oggi, quando chi scrive si aspetterebbe ben altro dall’attuale governo.

Detto questo, riflettiamo sull’ideologia, che è tra le cause profonde del crollo delle nascite. Da sempre, la natalità, anzi lo stesso concetto di maternità, è stato ostacolato da edonismo ed eudemonismo, ovvero dalla ricerca nevrotica della felicità; felicità intesa, in pratica, come comodità e benessere e soldi e dormire e andare in ferie, in continue ferie.

Un assurdo psicologico, perché la vita non è, e non dev’essere felice come gli scemi, bensì impegnata e ardua e dura e con qualche sana venatura di tragedia. Le persone felici, infatti, si annoiano a morte: a morte, letteralmente, perché spesso uccidono l’oggetto impossibile della loro felicità, o, meno impegnativamente, si uccidono o si lasciano morire; o comunque, i ricercatori di felicità hanno tutti la faccia della depressione.

Bisogna tornare a dire che la vita è una cosa seria, ed è tanto più piacevole quanto più seria e faticosa è. Per le donne, far figli; per donne e maschi e nonni, crescerli; e aspettarsi che un giorno i bambini crescano, salutando padri e madri e nonni, e andando verso la loro vita, che non quella della pubblicità. E le mamme devono sapere che i figli sono nati esattamente per andarsene, e non per restare “un ragazzo di trent’anni”, anche quaranta.

Un’altra ideologia da combattere è quella dell’amore come nei romanzi e nei film, che è un eterno fidanzamento anche quando gli innamorati, o presunti tali, contano cinque decenni ciascuno.

Ragazzi, Renzo aveva vent’anni e Lucia quindici, e, se non si metteva di mezzo don Rodrigo, a ventuno e sedici sarebbero stati, previo santo matrimonio, papà e mamma di un pargolo; come poi a Bergamo fecero, e non una volta sola. E furono contentissimi così.

Un secolo dopo, la nobildonna senza figli deprecata dal Parini coccolava una cagnetta a sua volta “vergine cuccia”, quindi senza cuccioli: un vizio di famiglia.

Occorre una politica, ma prima ancora urge una reazione culturale.

Ulderico Nisticò