Cambiamo gli orari?


 “Sorge il mattino in compagnia dell’alba”, canta il Parini nel XVIII secolo; avvertendo che “allora il buon villan sorge dal caro letto”, mentre di notte hanno sgavazzato gli smidollati nobili cicisbei di dame dai facili costumi spacciati per liaisons dangereuses. La stragrande maggioranza della gente, sveglia all’alba, iniziava a lavorare, attendendo la sera. Ecco il senso letterale del modo di dire “dall’alba al tramonto”, che oggi non ha più aderenza con il reale.

 Ebbene, qualcuno propone di cambiare gli orari, e quindi l’organizzazione delle comunità. Per me, va benissimo: mi sveglio alle 5.30, a qualunque ora vada a dormire; e quando ho sonno, vado a dormire. Però, dalle 5.30 a quando il resto del mondo si mette in moto, mi passano due o tre ore: fortuna che le occupo in vario modo, tra cui Soveratoweb.

 Per esempio, la scuola potrebbe iniziare alle 7; e i fanciulli, automaticamente, dovrebbero andare a letto dopo Carosello per svegliarsi prestissimo. E passi per la febbre del sabato sera, anzi, diciamo con Goethe, “settimana faticosa, festa lieta”… ma da domenica a venerdì, tutti presto in mano a Morfeo, dio del sonno.

 Risparmiamo luce, e riduciamo le occasioni di vizi. E qui si scateneranno bande di intellettuali, quelli che scambiano per “promozione umana” il più buffo edonismo piccolissimo borghese; da, tornando al Parini, “giovin signore” dei poveri. Tranquilli, le proteste durerebbero sì e no una settimana; poi tutti a ninna, anche i più cerebrali divertaioli. Avremmo, se mai, un radicale cambio di mentalità, e di rapporto con la natura fuori di noi e con la natura dentro di noi.

 E, come effetto, risparmieremmo

 Parliamo di cose più pratiche. Occorrerebbe ripensare gli orari dei trasporti e dei turni di lavoro, eccetera. Non è impossibile né difficile, se la cosa viene affidata a gente parimenti seria e all’altezza del compito.

 Per dirla con Dante, “seggendo in piuma in fama non si vien, né sotto coltre”. E già, uno degli effetti sarà che i dormiglioni si escluderanno da soli dalla vita comunitaria ed economica e politica: e, secondo me, avremo tutto da guadagnare.

 Sveglia: e, latinamente, “adeste”; da “adsum”, ovvero SONO PRONTO. Chi “abest” e preferisce dormire, peggio per lui.

Ulderico Nisticò