C’era una volta…sì, questo è l’incipit giusto, perché Carla Fracci è stata come una bellissima favola per la danza e per quanti l’amano. C’era una volta quella ragazza con un’infanzia in provincia durante la guerra, che diventa la più fulgida stella, come pochissime altre, del firmamento artistico coreutico dell’intero XX sec.
E non per la magia di una fata buona, ma per quel suo ineguagliabile esprit de finesse che, insieme ad una tecnica assoluta e alla sua nota ferrea disciplina di studio e di vita, ha regalato al mondo un’infinita poesia, con performance memorabili e perfette per precisione del gesto, per armonia fisica ed espressività stilistica, e con quel sorriso elegante che chiunque l’abbia incontrato o solo intravisto non può che esserne stato catturato, per sempre.
Dal mio piccolo sguardo di bambina, dietro le quinte del Teatro San Carlo di Napoli – che da napoletana ho potuto frequentare sin da piccolissima e persino con il privilegio delle aree di palcoscenico – la vidi per la prima volta dal vivo in una stupefacente Giselle, insieme all’altra mitica figura della danza, Rudolf Nureyev; e da allora la mia sensibilità crebbe diversamente, e assai più felicemente: ecco proprio questo è il regalo più grande che artisti così possono fare al mondo, e ai giovani.
Tante volte poi l’ho rivista, ma l’ultima, in una delle sue ultime apparizioni sui palcoscenici, è stato ad Armonie d’Arte Festival nel 2015, in un’ispirata Sherazade, con le coreografie di Fredy Franzutty. In quell’occasione, pur ormai ottantenne, aveva nello sguardo l’energia creativa e performativa di sempre, e nel corpo un’intramontata grazia.
E aveva nelle parole, quelle che a piene mani ci ha onorato di ricevere, il generoso conforto del suo apprezzamento profondo per il nostro Festival, e anche il tributo di stupore che tutti gli artisti rivolgono al nostro luogo di elezione che è il Parco Archeologico Nazionale di Scolacium (Borgia, in provincia di Catanzaro), che da oltre 20 anni noi di Armonie d’Arte siamo felici ed orgogliosi di aver valorizzato nella regione e nel mondo, con pubblico e Media internazionale giunto sin qui ad hoc. Lei, Carla, perchè ora basterà solo il nome ad evocare bellezza e raffinato respiro sul mondo, ha mosso e smosso migliaia di uomini e donne, anime, ambizioni o solo sogni, ma sempre con l’ineludibile bisogno del tepore dell’Arte. Ed è proprio vero quanto scriveva George Eliot: “Solo nell’agonia della separazione guardiamo nelle profondità dell’amore”. E infatti, ora, più che mai, ti amiamo tutti Carla, per sempre.
Chiara Giordano