Carlo Filangieri e le occasioni perdute


 Interessante convegno, promosso dal Lions Squillace, su Carlo Filangieri, come ricorderete dalla locandina. Ora ne dico qualcosa.

 Figlio del filosofo Gaetano Filangieri, Carlo (1784-1867) può definirsi specchio delle complesse e contraddittorie vicende del Meridione tra Borbone, il decennio francese, di nuovo i Borbone, l’unità.

 Compì la prima carriera militare negli eserciti napoleonici, sia in Francia sia sotto Murat, partecipando ad Austerlitz e alla campagna di Russia, divenendo nel 1813 generale. Con atteggiamento non solo da militare, ma da vero grand comis d’état, rappresentò a Vienna l’ultima speranza di Gioacchino di restare re di Napoli. Come tutti i murattiani, accettò il ritorno di Ferdinando e la formazione del Regno delle Due Sicilie (8 dicembre 1816); si trovò coinvolto nelle turbinose vicende del 1820-1. Dovette lasciare l’esercito, e si dedicò all’attività imprenditoriale nella Razzona. Aveva ereditato dallo zio acquisito Ravaschieri i titoli, ormai solo nominali, di principe di Satriano (nei testi ottocenteschi viene chiamano, secondo l’uso, Satriano) e duca di Cardinale, e alcune proprietà, tra cui l’antico castello, adattato a ferriera. Qui vennero fusi i componenti del primo ponte di ferro sospeso d’Italia e forse d’Europa, quello sul Garigliano. Le sorti della Razzona non furono, in seguito, così fortunate.

 Nel 1848 e l’anno seguente, il principe venne incaricato di riconquistare la Sicilia ribelle; e lo fece alternando abili e decise azioni militari, e la finalità politica di riconciliare la nobiltà con lo Stato. Ferdinando non lo sostenne, anzi nominò un ministro per la Sicilia con un gretto burocrate, tale Cassisi. Filangieri si dimise, e l’ostilità siciliana continuò fino alla fine del Regno.

 Morendo, Ferdinando richiamò Filangieri e gli raccomandò il figlio ed erede, che intuiva poco capace. Divenuto primo ministro, il principe tentò riforme, e di tracciare davvero quelle ferrovie che erano rimaste progetto: c’è sempre una 106, c’è sempre una Trasversale, nella storia del Meridione! Si accorse delle congiure contro lo Stato, ma Francesco II non gli diede retta. Tentò anche un accordo con Piemonte e Francia, che era l’unica seria soluzione per salvare almeno l’autonomia dello Stato.

 Di fronte ad un re così poco reattivo, Filangieri, dimessosi, partì per Marsiglia, tornando a Napoli solo nel 1862.

 Diciamo che Carlo Filangieri fu un meridionale atipico: invece di pensare, agiva, ma si trovò in mezzo a gente che se la stava a pensare e non agiva. Esattamente come ora, a Sud?

 Chissà, se avesse assunto il comando effettivo dell’esercito, come sarebbe andata una grande battaglia campale combattuta tra un valente generale di scuola napoleonica e murattiana, Filangieri, e un grande guerrigliero, Garibaldi?

Ulderico Nisticò