Cecco Zalone e gli intellettuali


checco-zaloneMentre mi reco a vedere Quo vado, dapprima sorrido amaramente, che per andare al cinema debba andare a Borgia; e mi chiedo ai Soveratesi dove toccherà andare a teatro: ne riparleremo.
Poi però rido di cuore, e, cosa più rara, sorrido del bel film; e rudendo mi spiego perché gli intellettuali lo abbiano in tale odio. Gli intellettuali pensano che una cosa sia intellettuale solo se depressa: peggio per loro. Cosa penso io?

1. È un film fatto con attori e luoghi genuini, senza dinosauri, astronavi e abuso del computer per effetti speciali.
2. Secondo me, è costato il giusto.
3. Gli attori non sono belli e inespressivi come va di moda oggi, ma sanno il loro mestiere.
4. È un film che incassa spontaneamente un mare di soldi, mentre quelli che a loro piacciono si proiettano giusto ai festival; e si girano solo a spese dello Stato.
5. Le battute sono semplici e pulite, senza infantili parolacce “liberatorie” e senza donne nude con la scusa dell’arte.
6. Serpeggia per tutta la pellicola una lieve e intelligente ironia e satira su molti dei mostri sacri dell’intellettualismo professorale: le riforme fasulle (le province che cambiano nome e non pelle); il mondo multietnico; gli amori promiscui etero e non; il salutismo maniacale; gli insopportabili concerti “per non dimenticare”; la nevrotica civiltà norvegese, nordica in genere, con i suoi suicidi da noia esistenziale; il giovane prete antimafia volenteroso e impacciato; lo zoo con animali tropicali in Aspromonte (a proposito: è successo davvero, in Calabria!); le donne in carriera…
7. E nemmeno s’indulge a quel meridionalismo inventato: tipo pensiero meridiano, per capirci.
Insomma, vale un viaggio a Borgia e le due ore che fa passare in letizia e con qualche pungiglione.

Ulderico Nisticò


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