Che fine ha fatto il turismo delle radici?


 Un mese fa, il turismo delle radici sembrava la grande invenzione del secolo, e la salvezza della Calabria; e si leggeva di Questo o Quel Paesello che votava e si votava alla novità. Passata la festa… Non se ne parla più.

 Io stesso, che ancora alle volte m’illudo, avevo concepito, e persino proposto qualcosa, ricavandone però solo la più classicamente calabrese delle risposte: Po’ vidimu! Dal calabrese all’italiano, Po’ vidimu si traduce, di solito, Mai.

 Turismo delle radici, per gli smemorati, sarebbe attirare in Calabria i nipoti e pronipoti degli emigrati, ritenuti desiderosi di conoscere i luoghi da cui partì “u nannu”, ovvero “pappù”. Sarebbero tantissimi, dalle Americhe, dall’Australia, dall’Europa…

 Che io sappia, alla data del 15 aprile, cioè a due mesi dalla stagione estiva ufficiale, siamo a zero secco.

 Attenti, ragazzi. I turisti non vengono da soli, ma bisogna andarseli e prendere, e nemmeno con iniziative sporadiche e avventurose, ma entrando nei grandi giri di quelli che si chiamano “tour operator”, quelli che hanno in mano il turismo mondiale; e non lo fanno per svago, ma per lavoro, e con tutti i crismi di un’attività lavorativa: offerta, prezzo, servizi, comodità, sicurezza…

 Nel nostro caso, di tratterebbe di cultura nel senso più lato, dalla cultura propriamente detta (archeologia, storia, letteratura, arte…), che può interessare una parte; alla cultura popolare, molto stimolante se saputa presentare.

 Ecco, presentare. Alla larga dalla calabromania nelle sue due versioni: esaltazione fasulla, e piagnisteo retribuito. Far conoscere la storia, ma quella vera, senza enfasi barocche; mostrare il patrimonio archeologico ed artistico, ma come vita e non come libro; e puntare sull’enogastronomia: tradotto, far mangiare e bere calabrese, perché americano mangiano già in America.

 Ma a chi glielo vado a raccontare? Alla cultura ufficiale, no, perché è antimafia segue cena e lamentela generica e iettatoria. A proposito: non perdete tempo a spiegare la mafia di Calabria, perché, negli Stati Uniti, di mafia ne hanno a migliaia, e molto più indigena che immigrata; e ci hanno fatto film di successo mondiale. E anche l’immigrata… al confronto del Padrino, la nostra è una povera banda di mariuoli.

 Alla politica? Nemmeno, che non pare dare segni di vita.

 Agli operatori turistici locali? Ma si contentano di agosto; e di un turismo che è, al 90%, balneazione, e via.

 Io l’ho detto. Ora mi aspetto una valanga di calabresissimi Po’ vidimu.

Ulderico Nisticò