Che sappiamo del caso Moro?


 I giudici già escono molto dal seminato, e ci manca solo che si mettano a fare gli storici. Il loro compito è di giudicare i presunti colpevoli in quanto persone, e se colpevoli, condannarli. Ragionarci sopra, è compito del sociologo nei fatti di cronaca; dello storiografo, se i fatti sono più rilevanti, e soprattutto se sono più oscuri. E il caso Moro lo è.

 Siccome sono passati 45 anni, e i giovani non ne sanno nulla, riassumo. Aldo Moro, della Democrazia Cristiana, era stato diverse volte presidente del Consiglio e ministro. Gli si attribuiva una linea politica che, nel 1978, era tutt’altro che banale: le “convergenze parallele”, così disse, cioè un’intesa con l’allora Partito Comunista. Oggi parrebbe cronaca poco significativa, ma allora il PCI era legatissimo all’Unione Sovietica (NOTA: non esiste più dal 1990 circa); e la DC stava con gli USA. Moro aveva tenuto una politica estera abbastanza vicina agli Arabi: guarda tu!

 Nel 1978, però, Moro era stato relegato a presidente della DC, un ruolo poco più che decorativo. Il 16 marzo, in pieno centro di Roma, in pieno giorno, avviene un assalto armato: in due minuti furono uccisi, con estrema freddezza e precisione, cinque agenti di scorta; Moro, indenne in mezzo a tempesta di pallottole, viene rapito. Il 9 maggio fu ritrovato ucciso.

 Nei cinquanta giorni tra i due avvenimenti successe di tutto, tranne che scoprire dove Moro fosse prigioniero. Si saprà poi che non era in un bosco sperduto, ma in piena Roma, capitale d’Italia. E i suoi rapitori, le Brigate Rosse, fecero pervenire, con furbate abbastanza rozze, delle chilometriche e logorroiche “risoluzioni strategiche” in cui si leggeva qualsiasi cosa tranne la risposta a una domanda che del resto nessuno a loro pose: perché Moro?

 Perché Moro, ci chiedemmo tutti, e non un altro qualsiasi dell’epoca? Dico: Almirante, Andreotti, Berlinguer, Craxi, Fanfani, Forlani… e via con un lunghissimo elenco. Perché Moro?

 Intanto Roma e dintorni venne presidiata da imponenti forze dell’ordine, che non cavarono un ragno dal buco. I servizi segreti, nulla seppero fare. A nessuno venne a mente di domandare notizie ai passanti o ai delinquenti comuni, questi ultimi sempre molto informati sulle novità del territorio.

 Ci provò Romano Prodi con una seduta spiritica – non scherzo, è storia! – ma il dotto si rivelò, con l’Aldilà, altrettanto incapace di quando, nel 2002, dovrà gestire nell’aldiquà l’euro. I defunti gli avevano detto Gradoli, ma era la via, non il lago.

 In mezzo a tutto questo, brillò l’assoluta inettitudine del ministro degli Interni, Cossiga, il quale, poco dopo, sarà presidente della Camera, poi del Consiglio, poi della Repubblica; e in questa veste fece scalpore. Poi dite che uno fa il complottista!

 Molto tempo dopo, i brigatisti rossi saranno catturati e condannati. E, con ogni probabilità, furono personalmente loro a tenere prigioniero e poi assassinare Moro; e, a furia di scrivere paginone illeggibili di titillamenti cerebrali, restano convinti di aver fatto tutto loro e di testa loro. Solo che, mi chiesi allora – venivo fresco dal mio Sessantotto, e conoscevo i miei e gli altri polli – come fosse possibile che degli intellettuali, gente di solito impacciata e poco pratica (esclusi i presenti) – compissero azioni come l’uccisione di cinque agenti con una rapidità, e una mira, che non sono roba per “uomini di penna”. Non può essere stata un’azione improvvisata da una banda di “deliranti”. Esempi contrari: gli anarchici dell’Ottocento, che, in modo del tutto disorganizzato e autogestito, e con armi da disperati, uccidevano re e regine e presidenti, per poi finire impiccati o in galera a vita.

 Non solo. Trattenere una persona non è così semplice, e occorre una rete di connivenze, quali, per esempio, medici e  farmacisti e commercianti di esigenze quotidiane varie.

 Riassumendo, quei fatti tra marzo e maggio 1978 sanno di professionismo, non sono svaghi da rivoluzionari della domenica. Così io la pensai nel 1978, e così continuo a pensarla nel 2023. E così per tante altre vicende di quegli anni.

 Professionisti italiani o esteri? E se esteri, di chi e per quale motivo e scopo? E, torno a dire, perché Moro?

Ulderico Nisticò