Radici e Ali: “Si configurano dinamiche che sfociano nel penale”
La vicenda che ruota intorno alla recente rinuncia, da parte del professore Francesco Pungitore, alla carica di presidente onorario della Consulta della Cultura, fa emergere interrogativi ben più profondi della semplice polemica. Dopo la diffusione, da parte di una testata televisiva locale, della mail privata inviata dal professore ai membri della Consulta, e la successiva presa di posizione ufficiale dell’organismo (che ha rigettato le dimissioni), il movimento civico “Radici e Ali” rompe il silenzio e punta il dito contro un possibile disegno politico mirato.
“Non si tratta, a quanto pare, di semplici dicerie, come minimizza la Consulta – si legge nel comunicato, – ma di una ricostruzione dei fatti che, alla luce di ripetuti episodi testimoniati da più persone in paese, comincia ad assumere contorni preoccupanti: pressioni, messaggi trasversali, interferenze politiche finalizzate ad allontanare una figura scomoda da ogni ruolo di cittadinanza attiva sul territorio.”
Ma il passaggio più grave è quello che riguarda “un coordinamento tra amministratori pubblici di più comuni e anche un dipendente comunale con un ruolo apicale, che – scrive Radici e Ali – avrebbero agito come una vera e propria associazione a delinquere, in modo sistematico, con ripetute riunioni tra loro, per imbastire azioni finalizzate a screditare, isolare e intimidire il professore, con l’obiettivo di spingerlo a rinunciare a ogni forma di presenza pubblica, culturale o associativa sul territorio”.
“Se tale dinamica venisse confermata – scrive il movimento – ci troveremmo di fronte a un fatto di estrema gravità: una vera e propria associazione a delinquere finalizzata a colpire una persona per motivi politici o personali, attraverso atti, pressioni e campagne diffamatorie. Un simile comportamento potrebbe configurare ipotesi di reato gravissime.”
Radici e Ali esprime piena solidarietà a Francesco Pungitore, sottolineando che il suo impegno, riconosciuto su scala nazionale, rappresenta un valore aggiunto per il territorio, non un problema da eliminare.
“Se la cultura dà fastidio a qualcuno, è il caso di chiedersi in che tipo di democrazia stiamo vivendo – conclude la nota –. E se si usano in maniera subdola e criminale i propri ruoli istituzionali per colpire le persone, allora non è più una semplice vicenda locale: è un attacco alle regole fondamentali della convivenza civile”.