
Nave Fasan
Ormai anche la guerra si fa con i droni, i quali volano in cielo senza bisogno di un pilota a bordo. Vero, però ciò non significa che i droni partano, volino, tornino, ed eventualmente bombardino da soli: qualcuno li costruisce, qualcuno li programma, qualcuno, se non sono automatizzati, li teleguida.
Fatta, alla grossa, questa premessa tecnologica, chi è che ha mandato i droni sulla cosiddetta flottiglia? Detto così, la risposta appare ovvia, banale; però anche per questo occorrerebbe una prova.
Ebbene, se droni sono stati inviati dal Granducato di Curlandia, chiamiamolo così, addosso alla flottiglia, da oggi c’è una nave italiana da guerra, armata di sistemi atti ad abbattere i droni. E siccome la nave non sta lì in villeggiatura e crociera, bisognerà che faccia da contraerea, e colpisca e abbatta i marchingegni volanti?
Se dovesse accadere, cosa ne direbbe il Granducato di Curlandia? Si arrenderebbe subito, o manderebbe altri droni, oppure tenterebbe di usare un missile, un siluro contro la nostra nave? La quale nave, a sua volta, dovrebbe… no, deve rispondere al fuoco. À la guerre comme à la guerre, dicono in Francia. E ci sono meccanismi automatici, nelle storie e cronache di tutte le guerre.
Intanto sta succedendo qualcosa di sorprendente, che il governo italiano, per bocca della stessa Meloni, prende le distanze dallo Stato d’Israele, parlando di “reazione sproporzionata”; e di qualche possibilità di riconoscere la Palestina. La Meloni non è di quelli che parlano a ruota libera, quindi, a mio modestissimo meditato parere, c’è qualche novità nell’aria.
Ulderico Nisticò